Cambiano le abitudini di consumo, ma il nettare degli dei è sempre in cima alla classifica delle preferenze di gusto degli italiani Giuseppe Fatati
Presidente Associazione Italiana
di Dietetica e Nutrizione Clinica (ADI)
Postmodernismo è un termine la cui origine risale agli anni trenta e appare per la prima volta nel mondo della cultura occidentale con un saggio del 1934 di Federico de Onís relativo alla poesia latinoamericana e con il libro dello storico Arnold J. Toynbee A Study of History, pubblicato qualche anno dopo. Il termine acquista il suo attuale significato allorché alcuni studiosi di letteratura americana (Ihab Hassan, Brian Mc Hale) cominciano ad applicare alla critica letteraria i metodi e i linguaggi tipici del cosiddetto post-strutturalismo francese (Derrida, Deleuze, Foucault).
Le prime definizioni del postmoderno risalgono a questo periodo. Letteralmente, esso contiene il senso di una posteriorità nei confronti del moderno, ma non tanto in senso cronologico: esso indica piuttosto un diverso modo di rapportarsi al moderno, che non è né di opposizione (antimoderno), né di superamento (ultramoderno). Viene applicato ad un vasto insieme di sviluppi nella società moderna. Qualcuno definisce il Postmodernismo come incredulità nei confronti delle metanarrazioni, altri come la teoria del rifiutare le teorie. In una società post industriale, e quindi post moderna, quale è il ruolo attribuito al vino? Negli ultimi anni numerosi studi e anche diverse meta-analisi hanno considerato il vino un bene di salute. Il resveratrolo è una sostanza che ha attirato molto interesse tra i ricercatori che si occupano di integratori per la prevenzione di patologie o per rallentare l'invecchiamento. Il resveratrolo è considerato un antiossidante, è attivo contro alcuni radicali liberi e impedisce l'ossidazione del colesterolo LDL.
Dal momento che si tratta di una sostanza che si può trovare nel vino, molte ricerche favorevoli sono abitualmente citate. Il vino è poi elemento base della cucina tradizionale o meglio compagno ideale per i piatti della cucina tradizionale propri di quel patrimonio culturale che si eredita al pari dei geni, rassicuranti perché conosciuti e non privativi e ora anche di moda. Dal punto di vista nutrizionale sono poi salutari e ricchi di quegli elementi della filiera corta oggi tanto rivalutata. In un periodo di grande riscoperta di tutto ciò che è modernariato, mediare i consigli dietetici con ricette tradizionali rinforza l'identità regionale del singolo e impedisce quella spersonalizzazione dell'intervento che porta spesso al fallimento. In questo senso (bene di salute) il vino è un componente moderno perché espressione di un razionalismo medico consolidato. Il vino come bene di consumo risente, comunque, della transizione alla postmodernità ove protagonista è un nuovo consumatore che ha ben poco in comune con la tradizionale figura che conosciamo. Non solo ha ormai terminato il suo noviziato come consumatore ed è divenuto più esigente, scaltro, selettivo, autonomo, competente, pragmatico, proattivo,
infedele alla marca, ma sta riscrivendo radicalmente il nostro sapere sul consumo.
Quest'ultimo accanto ai suoi significati tangibili, va ampliando i suoi aspetti di segno, comunicazione, scambio sociale. Anche per quanto riguarda il vino questi aspetti sono oggettivi; troviamo una infedeltà alla marca ma non alla tipologia del vino.
I nostri gusti non cambiano, ma si raffinano e si adattano. Giampaolo Fabris in un volume titolato "Il nuovo consumatore: verso il postmoderno" ha scritto che stiamo cambiando pelle in cerca di esperienze più che prodotti, di emozioni e sensazioni più che valori d'uso. In questo contesto il vino continua a regalarci emozioni.
E stiamo assistendo ad un nuovo fenomeno: le bottiglie da investimento rendono fino al 30% anche se devono rispondere a logiche diverse da quelle abituali quali rarità dell'etichetta, annata di pregio e domanda elevata. Chi investe nel vino quasi sempre non vede le sue bottiglie e chiaramente non le assaggia perché si rivolge a intermediari specializzati che, in base al capitale, decidono tipologia, tagli e tempi di compravendita. Lucilla Incorvati in un recente articolo sugli investimenti alternativi ci dice che la soglia di ingresso minima è di almeno cinquantamila euro. Da queste ultime riflessioni potremmo dedurre che il vino è un prodotto postmoderno in contraddizione con quanto affermato in precedenza. E allora il vino è moderno o postmoderno? Penso di poter concludere con una affermazione personale meno complessa: il vino è elemento trasversale perché per la maggior parte di noi è un bene emozionale in grado di trasmettere e tramandare sensazioni piacevoli.
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