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  Dicembre 2012

Articoli n° 09
NOVEMBRE 2010
 
SPECIALE GIOVANI IMPRENDITORI - Home Page
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LO SGUARDO DI OGGI SULL'IMPRESA DI DOMANI

XXV CONVEGNO DI CAPRI
29 E 30 OTTOBRE 2010 | GRAND HOTEL QUISISANA

di Raffaella Venerando


"Il futuro è di chi lo sa immaginare": diceva così Enrico Mattei, fondatore dell'ENI ma soprattutto imprenditore di grande visione e lungimiranza. Provano a fare lo stesso - a guardare il futuro in anticipo anche i Giovani Imprenditori di Confindustria che hanno scelto di dedicare proprio a questo tema il convegno di Capri di quest'anno. Immaginare l'industria di domani partendo però dal presente, tastando il polso della società e del sistema economico attuale.
Sotto la lente passano così in rassegna nodi e debolezze delle politiche industriali di oggi, senza che questo significhi abbandonarsi allo scoramento fine a se stesso, ma cercando risposte, strade, alternative alla rassegnazione e al declino. Mostrando ancora una volta desiderio e ambizione di svolgere un ruolo da protagonisti nella partita economica mondiale, perché il futuro - si sa - è anche di chi va a prenderselo.


La denuncia di Katia Petitto: «Il funzionamento del sistema giudiziario è un ostacolo per le nostre aziende»

di Barbara M. Cesa

Katia Petitto, Presidente G.I. Confindustria Avellino

Che cosa pensa del tema scelto per la XXV Edizione del Convegno di Capri "Lo sguardo di oggi sull'impresa di domani" .
Credo che la location di Capri sia il luogo adatto per riflettere su questi temi. Si può, grazie alla rilevanza che il Convegno dei Giovani Imprenditori solitamente ottiene a livello nazionale, sollevare il problema della competitività del Paese e mettere al centro della discussione l'azienda. Le nostre aziende sono in grossa difficoltà, hanno perso fiducia e sono demoralizzate da tante inefficienze, ma soprattutto dal fatto che non c'è una vera e attenta politica industriale. Non mi soffermerò, perché rischierei di banalizzare invece un momento utile per riflettere, sullo spettacolo indecoroso che danno i nostri rappresentanti politici, oppure sull'immobilismo dell'Amministrazione regionale, ma vorrei sottolineare come questo scenario ha fatto perdere fiducia alle imprese italiane. Si dichiara in continuazione che il tessuto imprenditoriale italiano è fatto di piccole e medie imprese, ma poi ci si dimentica di sostenerlo! Le aziende italiane hanno continuato, anche in questi due anni così difficili, ad innovare sia nel processo che nel prodotto, anche perché con una concorrenza così spietata come quella dei paesi orientali, bisogna trovare necessariamente strade alternative.
Capitale umano, giustizia e investimenti/finanza sono fattori importanti per il sistema economico. Come, secondo lei, il sistema Italia può essere più competitivo?
L'Italia, come dicevo, ha bisogno di una politica industriale più decisa e rigorosa; al contrario i governanti non hanno più argomenti e lo scenario è sempre più pericoloso, nella misura in cui la questione di cui si discute sono gli interesse personali e non quelli collettivi. In questo momento la forza delle nostre aziende è proprio il capitale umano, personale fidelizzato che vive l'azienda come un bene proprio, che deve tutelare e deve necessariamente far sviluppare. Mentre il funzionamento del sistema giudiziario risulta solo un fattore negativo per l'attività aziendale; con i suoi tempi biblici alcune cause, se pur banali, come il recupero crediti all'estero, diventano eterne facendo perdere tempo e soldi alle aziende italiane.
Dobbiamo dare pari dignità al nostro territorio nei confronti di altri paesi dove la legalità e il rispetto delle regole sono considerati un fattore competitivo prioritario unitamente agli altri (infrastrutture e welfare efficiente).
Il sistema giudiziario va riformato per stimolare altri imprenditori ad investire e quindi a promuoverne la crescita economica; come più volte ho ribadito, durante il mio impegno confindustriale, l'affermarsi della cultura della legalità può assicurare sviluppo ai nostri territori.
Le aziende che si sono trovate in questi ultimi anni a contrastare il periodorecessivo hanno trovato spesso al loro fianco il sistema bancario. Molti istituiti italiani hanno attivato strumenti di sostegno per l'impresa e specializzandosi per settori sono capaci di supportare le piccole e medie imprese ad affrontare nuovi mercati di vendita, a sostenerle nell'innovazione a promuovere per loro progetti di crescita dimensionale.
L'accordo siglato lo scorso settembre tra la Piccola Industria di Confindustria e Intesa San Paolo, presentato anche nella nostra sede di Avellino, è la testimonianza di come le imprese, in collaborazione con il mondo bancario, stanno facendo la loro parte per rilanciare la competitività del sistema Paese.



Pietrantonio: «Gli imprenditori hanno bisogno di un contesto di certezze per fare bene»

di Francesca Zamparelli

Paola Pietrantonio, Presidente G.I. Confindustria Benevento


Come sarà "l'impresa del futuro"?
Bisogna far sì che le aziende campane che saranno create nei prossimi anni nascano con elementi di forte competitività, quali una adeguata formazione del management, l'introduzione di prodotti e processi innovativi, la continua attenzione alla ricerca ed allo sviluppo, l'apertura ai mercati mondiali, la capacità di impostare solide relazioni industriali. A mio avviso ci vuole un mix di fattori che consenta di coniugare il vecchio con il nuovo. I giovani imprenditori di oggi rispetto a quelli di una volta hanno vedute più ampie, un livello di formazione molto elevata che continua anche dopo la laurea con master, esperienze lavorative all'estero e una mag-giore apertura verso nuovi mercati. Ma occorre combinare questi pregi a
quella tenacia, quella volontà, quella umiltà, quella dedizione al lavoro che ha consentito ai nostri padri e nonni di rendere l'Italia una delle principali nazioni industrializzate del mondo.
Questo è il messaggio che come Gruppo Giovani di Benevento cerchiamo di diffondere a partire dalla scuola per trasmettere ai ragazzi nuovi modelli di riferimento attraverso i quali possano imparare a confrontarsi. Portiamo in classe il mondo dell'impresa, ma soprattutto la cultura del merito, il principio secondo il quale solo con l'impegno e la volontà che si misura sin dai banchi di scuola è possibile ottenere risultati, per sé e per la società. L'importante è scegliere una strada e portarla avanti con passione e tenacia. Se questo messaggio potesse arrivare ed essere accolto con favore dalle nuove generazioni, credo che la Campania potreb- be avere un futuro più roseo.

Su quali elementi puntare nel brevemedio periodo?
Nell'immediato certamente lo sblocco delle risorse comunitarie, già programmate ma di fatto ferme al palo ormai da 3 anni, servirebbe a dare ossigeno al sistema imprenditoriale campano, dopo oltre 24 mesi di profonda crisi economica e finanziaria. Guardando in prospettiva, invece, occorre un rafforzamento del sistema imprenditoriale, che può avvenire attraverso una crescita dimensionale delle imprese, una maggiore capacità competitiva, una maggiore spinta innovativa di prodotti e processi e apertura a nuovi mercati. Ma affinché le aziende decidano di investire per crescere è necessario che venga loro offerto un quadro di certezze che oggi non c'è. Certezze che non possono venire dai mercati, per loro stessa natura instabili e volubili perché soggetti a tante variabili micro e macroeconomiche. Le certezze, le imprese le chiedono al contesto politico istituzionale nel quale esse si trovano ad operare; prima di tutto, quindi, certezza dei tempi: della giustizia, di pagamento da parte della P.A., tempi di risposta della burocrazia. C'è poi un altro aspetto che a mio avviso deve essere affrontato ed è quello motivazionale, che impedisce, soprattutto alla nostra regione, di imboccare la vera strada della crescita.
C'è un misto di rassegnazione e sfiducia nei confronti delle istituzioni, della politica, della classe di governo e a volte anche di noi imprenditori, che mortifica il nostro paese ed il nostro territorio. È necessario un nuovo sforzo individuale, in ciascuno di noi, ma al contempo collettivo come sistema (enti, associazioni di categoria, mondo politico, amministrazioni locali) che consenta a tutto il territorio di avere quella spinta necessaria ad assicurare un vero cambiamento.


Santoli, cosÌ l'impresa di domani: «Competitiva, performante, globale»

di Antonio Arricale

Massimiliano Santoli, Presidente G.I. Confindustria Caserta

Presidente, una cosa è certa, quando saremo fuori dal tunnel, non tutto sarà come prima. È così?

Sinceramente non riesco ad immaginare l'impresa di domani. Non riesco ad immaginare cosa succederà nell'impresa tra 20 anni, finché non troviamo il modo di rimuovere lacci e lacciuoli che rallentano l'impresa di oggi.

Dunque, da che cosa cominciamo?
Oggi i problemi sono tanti: pochi stimoli dal mercato, una finanza aggressiva che condiziona pesantemente, spesso senza un chiaro collegamento, il mondo industriale, un'attrattività degli investimenti esteri pari a zero, un sistema giudiziario che frena e mortifica molte, tante, troppe ambizioni imprenditoriali. Ecco, penso sia il caso di ragionare prima su come migliorare l'impresa oggi. Entriamo nello specifico, allora, indicando nomi e cognomi.

Su che cosa bisogna incidere, per prepararsi all'impresa che è da venire?

Gli attori principali sono tre a mio avviso. Il primo, l'imprenditore, deve sempre più investire in qualità, in formazione, in sicurezza, nell'Ict, nel fattore umano (uno dei pochi punti fermi e positivi di una crisi catastrofica), nelle competenze del management (familiare o meno) nel totale e netto rifiuto di ogni scorciatoia non in linea con i principi dell'impresa. E questo vale per ogni tipo di impresa.

Il secondo?
L 'amministrazione statale. Nell'immaginario collettivo "lo Stato" ha il compito più facile: deve semplicemente mantenere tutte le sue promesse C'è un misto di rassegnazione e sfiducia nei confronti delle istituzioni, della politica, della classe di governo e a volte anche di noi imprenditori, che mortifica il nostro paese ed il nostro territorio. È necessario un nuovo sforzo individuale, in ciascuno di noi, ma al contempo collettivo come sistema (enti, associazioni di categoria, mondo politico, amministrazioni locali) che consenta a tutto il territorio di avere quella spinta necessaria ad assicurare un vero cambiamento.
Promesse di pagamento che arrivano e non si concretizzano mai; promesse di snellimento procedurale, amministrativo e burocratico che vengono annunciate e puntualmente dimenticate; promesse di "certezza della pena" in ambito penale e civile che aiuterebbero, e non poco, l'impresa del meridione a difendersi dall'antistato.

E terzo?
Il terzo attore è quello che mi sta più a cuore. È la scuola. Di ogni ordine e grado. É da li che arriveranno i manager del futuro, i professionisti del futuro, i dipendenti del futuro, gli amministratori della cosa pubblica del futuro. Investiamo nella scuola di oggi per raccogliere nell'impresa di domani.

E, dunque, come bisogna procedere, secondo lei?
Riforme e fatti, non più soltanto parole. Le grandi riforme non sono più procrastinabili, le infrastrutture devono essere programmate e realizzate e non semplicemente annunciate, è necessario un serio investimento sulla banda larga, sulla liberalizzazione delle connessioni wi-fi, una programmazione degli strumenti di agevolazione all'impresa da attivare in automatico e che non sia legata al territorio di appartenenza e al politico di turno. Una seria, reale, concreta e premiante campagna di sensibilizzazione sulla meritocrazia, a tutti i livelli.

Bene, torniamo alla domanda iniziale: come immagina l'impresa di domani?

La immagino competitiva, perché si muove nell'ambito di regole certe e valide per tutti i protagonisti, e dunque deve pensare solo al mercato e non alla sopravvivenza in un mare di problemi che non sono di sua competenza. La immagino performante, perché ha le infrastrutture, materiali ed immateriali, su cui far viaggiare i propri prodotti. La immagino globale, perché opera in un mondo dove diritti e doveri, per tutti, imprenditori e lavoratori, valgono alla stessa maniera e misura.


Bachrach: «Dobbiamo proiettarci con forza sui mercati internazionali»


di Bruno Bisogni

Andrea Bachrach, Presidente G.I. Unione Industriali di Napoli

Costruire il futuro dell'impresa partendo da Napoli. É possibile?
Perché no? Importante è essere consapevoli delle specificità della realtà da cui ci si muove. Napoli ha problemi e contraddizioni, ma anche enormi potenzialità. Un esempio? Le aree deindustrializzate a ovest ed est. I programmi di riconversione hanno marciato a rilento, una loro accelerazione significherebbe creare opportunità di investimenti privati per miliardi di euro e migliaia di occasioni di lavoro.

Una crescita da promuovere tra le mura cittadine...
É solo una delle strade da seguire, sarebbe folle continuare a non sfruttare risorse paesaggistiche e storicoarcheologiche, competenze abilità artigianali, in funzione di un grande rilancio di immagine della città e della sua area metropolitana. Il turismo potrebbe ricavarne vantaggi straordinari. Ma naturalmente lo sviluppo dell'impresa del futuro va inquadrato in una scala globale.

I livelli medi di internazionalizzazione delle aziende locali restano bassi.
Stanno crescendo, ma a ritmi ancora troppo lenti. Credo che il ruolo dei Giovani Imprenditori sia determinante tanto sotto questo aspetto, quanto sotto la diffusione della cultura d'impresa tra i ragazzi, nelle scuole.
É chiaro che occorre anche altro, ad esempio una maggior attenzione istituzionale per la creazione di condizioni di attrattività degli investimenti. In Cina e altrove i potenziali investitori sono corteggiati.

Il cambio di passo si realizza anche attraverso un ricambio ai vertici delle aziende?

Ogni impresa ha la sua storia, le sue esigenze, i suoi ritmi evolutivi. Sono convinto che il protagonismo giovanile possa indurre un più rapido ammodernamento di impianti e tecnologie, una maggiore dimestichezza con l'uso della lingua, fondamentale per intrecciare rapporti in
un mondo sempre più "piccolo", dove i competitor vengono a concorrere anche a casa tua. I giovani hanno il know how per rendere praticabile quel salto culturale necessario per affrontare con successo i mercati esteri, così come per espandere anche fisicamente la presenza delle aziende oltre i confini nazionali.

La recente missione Shanghai rientra in questa visione?
Siamo stati lì a metà ottobre, intrecciando rapporti proficui e approfondendo tematiche fondamentali per l'avvio di joint venture e filiali in uno dei territori più ricchi di prospettive al mondo per incremento prevedibile dei consumi interni e ulteriore sviluppo dei traffici commerciali. Ma Shanghai non è solo un episodio.

Prima avevate studiato il mercato londinese...
Il filo conduttore è la ricerca sul campo di interlocutori, accademici, esperti, business man, nonché l'analisi delle strutture economiche di realtà centrali per il panorama economico e finanziario internazionale. Esperienze del genere aiutano a muoversi più speditamente e con un patrimonio di conoscenze acquisite anche a livello di singola impresa. L'impresa del domani è proiettata con forza sui mercati internazionali. Non dobbiamo limitare il nostro sguardo all'esistente. C'è un Mediterraneo in sviluppo, con prospettive di incremento esponenziale delle relazioni, non solo economiche. I giovani imprenditori napoletani sono impegnati ad assicurare un contributo rilevante, forse decisivo, perché questo ennesimo treno che sta per passare venga preso a volo.



L'esortazione di Pontecorvo:«Acceleriamo sulle riforme per non restare al palo»


di Raffaella Venerando

Marco Pontecorvo, Presidente G.I. Confindustria Salerno



Presidente, spostiamo in avanti lo sguardo. Cosa vede? Come immagina il futuro un imprenditore?
Spesso, con i nostri genitori ma anche con imprenditori-colleghi, ci ritroviamo a ragionare di futuro, il nostro personale e, di rimando, quello delle nostre imprese. Da questi paralleli di esperienze ma anche di prospettive derivano, talvolta, modi di guardare al domani molto diversi tra loro. Le differenze tra l'una o l'altra ottica sono riconducibili non soltanto alla distanza temporale che separa e allontana le generazioni, ma anche alla composizione e natura stessa del Gruppo Giovani Imprenditori: in esso infatti confluiscono capitani d'azienda appartenenti a tanti settori differenti e trasversali tra loro, portatori ciascuno di esperienze singolari e uniche, che inquadrano il futuro dalla loto personale angolazione. Quello che ci accomuna però è l'aver dedicato noi stessi al fare impresa, cosa che ci impedisce di pensare all'Italia come un Paese che può farcela senza il manifatturiero. Il nostro sistema economico è basato sull'industria di trasformazione, e così sarà anche per i prossimi 20 anni. Non credo possano esserci alternative innanzitutto perché i nostri territori sono poveri di materie prime, poi perché i nostri imprenditori hanno dimostrato di essere capaci di innovarsi e resistere all'urto della concorrenza, aggiornando le proprie fabbriche in tempi resi ancor più stretti dalla competizione globale che ci vede tutti coinvolti.

Quale potrebbe essere un primo tassello utile a riagganciare la ripresa?
La competizione oggi non è più limitata all'attività industriale ed economica che un'impresa svolge sui mercati, ma è anche una competizione tra territori. L'ambiente in cui un'impresa trasforma la materia prima e produce i propri beni e servizi si rivela pertanto quel vantaggio competitivo, quel plus che fa la differenza, se tale ambiente offre spazi di efficacia ed efficienza. Su questo noi Giovani chiediamo una svolta. Operare in un ambiente che stimola lo sviluppo aziendale, in cui i conflitti sociali sono ridotti al minimo, dove la pubblica amministrazione funziona in maniera efficiente, è sicuramente fattore di grande vantaggio competitivo. Per trovare condizioni così favorevoli, personalmente, ritengo che non sia necessario andare in Paesi poi tanto lontani, ma è sufficiente guardare ad alcune regioni a noi geograficamente prossime per prendere spunto e migliorare le condizioni di "vivibilità aziendali" della nostra provincia e della nostra regione. Ritengo, però, che in mancanza di una grande regia strategica, di una governance unitaria per un significativo piano di riforme, i nostri imprenditori saranno costretti a soffrire ancora a lungo e con essi a pagare il prezzo delle scelte non fatte ci saranno anche le migliaia di lavoratori che tutti i giorni offrono il proprio contributo in fabbrica.

In concreto, la svolta necessaria parte da?
Quello che occorre per prima cosa è un dialogo concreto tra mondo delle imprese, politica e parti sociali senza il quale non è possibile alcun futuro per il nostro Paese. L'imperativo però è sempre lo stesso: bisogna fare presto perché i nostri concorrenti hanno tempi di reazione molto brevi, e noi non avremo una prova d'appello per recuperare parte delle perdite di quote di mercato registrate in questi ultimi anni. Acceleriamo dunque sulle riforme per poter immaginare un'industria italiana sempre più competitiva sui mercati internazionali. Senza una vera "innovazione" nel settore della Pubblica Amministrazione gli imprenditori non potranno innovare in tempi ragionevoli e concorrenziali le proprie imprese e, questo, è quello che dobbiamo assolutamente evitare.

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