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  Dicembre 2012

Articoli n° 09
NOVEMBRE 2010
 
MISURE CRITICHE - Home Page

di Antonello Tolve
Critico d’arte







Dall' arte al mercato dell'arte/2




Fausto Melotti tra alcune sue opere, fotografato da Ugo Mulas



Maurizio Cattelan, La nona ora (The Ninth Hour), 1999, tappeto rosso, vetro, cera, figura dipinta a grandezza naturale, installazione, photo courtesy La Biennale di Venezia



Il frullato globale dell'arte, il suo aprirsi ad un circolo economico e finanziario a larga scala, hanno trasformato radicalmente ogni singolo puzzle del sistema artistico provocando da una parte l'ascesa di nuove figure e il consolidarsi di alcuni baronati, dall'altra il declino di procedimenti teorici e riflessivi.
Una situazione, o meglio «una catena di Sant'Antonio che oggi sembra accettata da tutti, anche da quei critici che vedevano nel mercato il diavolo in persona», ha suggerito Achille Bonito Oliva ripercorrendo alcuni brani della propria storia individuale, «e che in quegli anni», e cioè sul principio degli anni Settanta, «invece, demonizzarono la lettura lucida che io facevo dei vari gangli del sistema dell'arte quasi che ne fossi io l'inventore, senza riconoscere che ne ero invece un rilevatore lucido e spietato capace di essere tale perché appunto si muoveva all'interno di un territorio dell'arte non sempre magico di cui veniva a definire i confini». Il supermarket dell'arte contemporanea, difatti, ribattezza il capitalismo in sistema di libera impresa, trasforma, con intelligenza, l'imperialismo in espansionismo e modifica il globale in glocale per presentare, con costanza, un prodotto, seppur identico a se stesso (impacchettato dalle grandi multinazionali dell'arte), apparentemente nuovo, attuale, vivace, legato al tempo e alle mode contemporanee.
Tuttavia, quel nuovo che caratterizzava l'avanguardia o quel nuovo elogiato da Rosemberg, è un ricordo lontano. Oggi, difatti, ciò che gira continuamente nel mondo dell'arte è un prodotto preconfezionato. L'artista lo produce nel 2005 ed è valido - come novità tra le novità - fino al 2010. Poi, non avendo problemi di scadenza - al massimo di obsolescenza qualora dovesse essere un'opera senza alcuna virgola (Magritte) -, a distanza di anni, ricompare imbellettato a nuovo. Ma questo è soltanto uno dei tanti esempi.
Insomma l'Artworld, pur mantenendo intatte alcune forme originarie, è mutato in un deily planet of art in cui l'epoca di pluralismo assoluto (Danto) e di stordimento mediatico hanno approntato un modello estetico ubiquitario e uniformato che determina le rotte del valore e del consumo dell'opera d'arte, nonché gli indici di gradimento e gli eventuali rincari determinati, questi, dai vari lanci e rilanci stabiliti dalle vendite all'incanto nelle varie case d'asta da campagne pubblicitarie che aprono al gusto pubblico le opere, facendole schizzare alle stelle e intensificando, così, in maniera direttamente proporzionale, l'intera produzione dell'artista di turno.
Pur non avendo nulla da invidiare ad artisti iper-quotati, un personaggio come Fausto Melotti, scultore - legato al tempo e alla musica - tra i più interessanti del panorama creativo italiano ad esempio, è dimenticato dal sistema economico dell'arte.
Le sue opere, dai Teatrini ai Fili alle straordinarie composizioni a pendolo in acciaio, non godono, difatti, di un prezzo la cui consistenza sia legata alla qualità del suo lavoro.
Mentre un artista più giovane come Maurizio Cattelan, il cui lavoro è entrato nelle maglie di una frusta mediatica scandalistica grazie a lavori di grande pregio tecnico e materico quali La Nona Ora (1999) proposta in occasione della 49a Biennale di Venezia curata da Harald Szeemann, Him (2001) o Untitled (2004), tre bambini impiccati ad un ramo di quercia, ha raggiunto, e direi fortunatamente e meritevolmente, una quotazione di mercato decisamente solida. Un suo Untitled del 2001 (lot261), posto all'incanto con un prezzo di partenza che si aggirava tra i 3 e i 4 milioni, ha raggiunto i 7.922,500 dollari nelle vendite della casa d'asta Sotheby's (12 maggio 2010). Furbacchione ma anche e soprattutto uno dei più grandi artisti post dadaisti e post-duchampiani (Binstock), Cattelan è uno dei pochi artisti di marcato stampo internazionale, con Damien Hirst e Jeff Kuns, ad aver trasformato il mercato dell'arte, ad aver lavorato con l'arte in quanto attività e abilità manageriale. Certo, ci sono gli autori inventati a tavolino o opere create appositamente per il mercato, ma ciò non mette in discussione la strategia adottata da artisti di questo calibro che, oltre ad un buon grado di competenza e bravura tecnica, hanno saputo reinventare il mercato trasformando l'artista in manager del proprio lavoro.
*(per la prima parte dell'articolo si rimanda al numero 7/2010 di CostoZero).

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