Il folklore beneventano è dominato dalla “Janara”, la temibile insidiatrice delle porte delle case. Janara, infatti, deriva dal latino “ianua”, “porta”, e proprio dinanzi alle porte, secondo la superstizione, bisognava collocare una scopa, piuttosto che un sacchetto con grani di sale, perché la strega, costretta a contare i fili della scopa, o i grani di sale, indugiasse fino al sorgere del sole, suo nemico giurato. Capace di scatenare terribili tempeste, o, addirittura di render folli i bambini, la janara, dopo aver essersi cosparsa il corpo con ungenti magici, partiva per voli notturni (“strega”, infatti, deriva dal latino strinx, un uccello rapace notturno cui si attribuivano poteri malefici).
Sin dal 1273 si registra a Benevento la presenza di un noce, forse lungo il fiume Sabato, sotto il quale avveniva il più famoso convegno di streghe. La tradizione vuole infatti che la formula magica recitata prima del volo fosse: “Sott’all’acqua e sott’u viento, sott’a u noce e Beneviento”.
La leggendaria riunione beneventana divenne così celebre che nei processi per stregoneria i giudici ritenevano la partecipazione ad essa una prova irrefutabile di colpevolezza delle inquisite, spesso costrette a confessioni sotto tortura.
Tante erano le tecniche coercitive utilizzate: i serrapollici, lo stivaletto spagnolo, l’immersione delle vittime in acqua bollente o ghiacciata. A volte si costringeva le presunte streghe perfino a nutrirsi di cibi salati per poi privarle dell’acqua.
Oltre alla janara, a Benevento vi erano anche altri gli spiriti femminili “irrequieti”. Fra questi, la Zucculara, che aveva la propria dimora nella zona del Teatro Romano, e che deve il suo nome ai suoi “zoccoli” piuttosto rumorosi. Essa potrebbe essere la discendente di un’antica dea pagana: Ecate, dea della notte e dei trivi che, secondo la mitologia classica, calzava un solo sandalo dalla risuonante suola di bronzo. Anche il culto di Ecate riporta alla Zucculara beneventana; infatti esso si svolgeva nei crocicchi, dove si incontravano tre strade. Qui veniva posta una colonna con tre maschere di legno o una statua con tre volti. Ebbene il Triggio, quartiere storico di Benevento, prende nome proprio dal latino trivium e per Benevento passavano la via Appia, la via Traiana e la via Egnazia. Altra strega è l’Uria, spirito delle case, che nella cultura antica corrisponde ai Lari, gli spiriti della casa dei latini, e ai Penati, gli spiriti degli antenati.
Altro personaggio dell’universo magico è la Manalonga, spirito femminile delle acque che abita nei fossi e trascina nel fondo gli incauti che osano sporgervisi. È una figura comune a molte culture, da quella germanica con le Ondine, a quella russa con le Rusalka, a quella greca con le Sirene, a quella brasiliana con le Yare. La Manalonga afferra gli uomini con un braccio lunghissimo. A Limatola un’entità simile usa invece una catena e per questo si chiama Mariacatena.
Il Malleus Maleficarum (Il martello delle streghe) è per antonomasia il manuale di caccia alle streghe. Fu redatto nel 1486 dai frati domenicani Jacob Sprenger e Heinrich Institor Kramer per soddisfare l’urgenza di reprimere l’eresia e la stregoneria, espressa da Innocenzo VIII attraverso la bolla Summis desiderantes, del 1484. All’epoca in cui venne pubblicato il Malleus, vi erano molte eminenti personalità che dubitavano dell’esistenza delle streghe, considerando tali credenze delle mere superstizioni. Il manuale, infatti, non fu mai adottato ufficialmente dalla Chiesa Cattolica; riscosse tuttavia i consensi di diversi inquisitori ed autorevoli ecclesiastici.
L’immediata e durevole popolarità di questo libro contribuì a scalzare l’autorevolezza di un precedente testo di riferimento per i casi di stregoneria: l’antico Canon episcopi.
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