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  Dicembre 2012

Articoli n° 02
MARZO 2007
 


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Calearo: «Un contratto per la competitivitÀ delle imprese»

di Raffaella VENERANDO

Federmeccanica spinge per un contratto nazionale meno rigido e invasivo, che leghi a doppio filo trattamento retributivo e normativo e performances aziendali

Presidente, il prossimo mese di giugno scadrà il contratto nazionale di lavoro del settore metalmeccanico che, per il numero di aziende e di addetti coinvolti e per il suo oggettivo valore di riferimento, costituisce un momento di grande rilevanza non solo per il sistema di relazioni industriali ma anche per l’economia del Paese. Come si presenta il settore alla vigilia di questa scadenza?
L’industria metalmeccanica, dopo aver vissuto tra il 2000 e il 2005 una delle crisi più profonde dal dopoguerra, mostra oggi incoraggianti segnali di ripresa. Nell’anno appena trascorso i livelli di produzione hanno recuperato oltre 4 punti percentuali sui 10 complessivamente persi nel periodo citato. Il principale traino è derivato dalla crescita delle esportazioni favorita dalla ripresa in atto nei principali paesi dell’area dell’euro, in particolare in Germania, ma fondamentale è stata la capacità delle nostre imprese di riposizionarsi su prodotti a più elevato contenuto qualitativo e di know how. É da sottolineare che questo upgrading nel posizionamento competitivo è stato ottenuto in un contesto di notevole pressione sui margini e tuttavia le nostre imprese, nonostante la quasi totale assenza di politiche e di comportamenti atti a favorire la competitività dei nostri prodotti, non sono rimaste inerti ma hanno saputo, nei limiti del possibile, adeguarsi alle sfide della globalizzazione.

L’industria metalmeccanica è un asse portante dell’economia nazionale. Lo è anche al Sud?
Il settore metalmeccanico occupa 2 milioni di addetti, produce valore aggiunto per oltre 100 miliardi di euro ed esporta fatturato per circa 150 miliardi, più del 50% delle esportazioni complessive del nostro paese. Nel Mezzogiorno, dove il livello d’industrializzazione è ancora largamente inferiore a quello del resto d’Italia, si contano circa 300.000 lavoratori metalmeccanici che costituiscono quasi la metà degli occupati dell’industria meridionale ma solo il 16% dell’occupazione metalmeccanica nazionale.
Peraltro, la consistente presenza di comparti che attualmente si situano ai vertici della crescita, come l’industria aerospaziale e l’auto, può rappresentare un importante impulso per lo sviluppo del settore metalmeccanico al Sud.
Le industrie costruttrici di Mezzi di Trasporto, che comprendono i comparti ora citati, insieme alla Siderurgia rappresentano il 25% dell’occupazione metalmeccanica del Mezzogiorno. Tutti però, devono fare la loro parte, a cominciare dalle Amministrazioni locali. Vi è un notevole potenziale di crescita. Dobbiamo essere capaci di trasformare questo potenziale in crescita effettiva.

Le relazioni sindacali, e in particolare lo strumento del contratto nazionale di lavoro, possono aiutare il perseguimento di questo obiettivo?
Premesso che per il Sud occorre innanzitutto garantire un grado accettabile di sicurezza, il potenziamento delle infrastrutture, una diversa politica del credito e una fiscalità differenziata sul reddito d’impresa, come si è già cominciato a fare, io credo che anche il sistema di relazioni sindacali e contrattuali debba e possa dare un contributo allo sviluppo del Mezzogiorno. Affinché ciò sia possibile occorre che, come sta avvenendo in tutta Europa, il contratto nazionale divenga meno rigido ed invasivo di quanto non sia stato fino ad oggi. Il punto fondamentale è che deve esserci un legame ben più stretto tra trattamento retributivo e normativo e performances aziendali; i sindacati debbono comprendere che una malintesa “solidarietà” tra lavoratori del Nord e del Sud, concepita sempre al rialzo, mette fuori mercato le imprese e i territori meno competitivi e non crea le condizioni per rendere quei territori più attrattivi per nuovi investimenti. É chiaro che il Sud rientra in larga parte in questa fattispecie.

 Il sindacato è consapevole di tutto ciò? Quali saranno le sue richieste per il prossimo rinnovo?
A giudicare dai comportamenti, temo proprio di no. Temo non abbia maturato una sufficiente consapevolezza del problema. Lo dimostra il dibattito attualmente aperto tra le sigle sindacali circa la richiesta salariale da inserire nella piattaforma per il prossimo rinnovo contrattuale: si va dai 100 ai 150 euro. Cifre comunque lontane dal possibile e dal dovuto. Federmeccanica durante i negoziati dei precedenti rinnovi ha più volte tentato di introdurre distinzioni per il Sud, anche semplicemente posticipando le decorrenze degli aumenti retributivi, ma senza successo. In Germania, dopo l’unificazione con i territori dell’Est, il sindacato pensò di poter estendere a tutte le imprese gli stessi trattamenti dell’Ovest ma si è dovuto ricredere prendendo atto della realtà.

Con che spirito e con quali idee Federmeccanica si presenterà a questo rinnovo?
Vedremo quale sarà la piattaforma sindacale.
É certo che Federmeccanica sosterrà con forza l’esigenza di difendere ed accrescere la competitività del settore; per noi la gestione degli orari di lavoro sarà un punto fondamentale. Le imprese hanno bisogno di flessibilità per rispondere alle variazioni, anche improvvise, del mercato ed hanno bisogno di poter contare su un orario effettivo più alto di quello attuale per aumentare la produttività che oggi è inferiore a quella dei nostri concorrenti. Nel nostro settore, ad un orario contrattuale di circa 1.750 ore ne corrispondono circa 1.650 effettivamente lavorate e oltre 2.200 retribuite; ci sono dunque margini, se c’è la volontà, di rendere più efficiente il sistema. Sempre per accrescere la competitività del settore sosterremo inoltre la necessità di collegare sempre più strettamente retribuzione e performances. Relativamente a questo punto è aperta la discussione sull’incentivazione fiscale della contrattazione di secondo livello; vedremo quale sarà l’approdo di questa discussione che, volendo essere ottimisti, potrebbe portare a innovazioni positive per il sistema delle imprese in generale e per quelle del Sud in particolare.

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