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  Dicembre 2012

Articoli n?08
OTTOBRE 2012
PREMIO BEST PRACTICES - Home Page
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di Raffaella Venerando

PREMIO BEST PRACTICES PER L'INNOVAZIONE

Aziende premiate e menzionate edizione 2012

La parola ai vincitori 2012

La parola a...

La parola ai partner


LA PAROLA A...




STARTUP INNOVATIVE: il Paese può ripartire da qui


ALESSANDRO FUSACCHIA
Consigliere del Ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera e Coordinatore della Task Force per le startup


Alessandro Fusacchia, lei è consigliere del Ministro Passera ed è stato il coordinatore di una task force il cui lavoro di proposta è conf luito in un rapporto che, come ben sintetizzato dal titolo "Restart Italia!", ha un obiettivo ambizioso: far ripartire il Paese. Qual è stato il metodo impiegato?

I membri della task force hanno lavorato molto intensamente per alcuni mesi, con incontri fisici, telefonate, mail a ogni ora del giorno e della notte. Hanno organizzato diverse consultazioni pubbliche e hanno ricevuto centinaia di contributi spontanei, da parte di imprese, centri di ricerca, attori della filiera, così come da tanti semplici cittadini che vivono in Italia e all'estero e che hanno visto in questo esercizio il tentativo genuino non solo di affrontare un tema complesso, ma anche di farlo con un metodo aperto - esso stesso innovativo - e assolutamente trasparente. Allo stesso tempo, la Pubblica Amministrazione è stata pienamente coinvolta. Il contributo dei colleghi del Ministero dello Sviluppo Economico è servito a calare molte proposte della task force, spesso ispirate a buone prassi internazionali, nel contesto nazionale, senza mai snaturarne l'ambizione e aumentandone al contrario le possibilità di una rapida implementazione. Tutto questo ha messo il Ministro Passera nella condizione di tradurre rapidamente molte delle misure suggerite nel Rapporto in norme di legge. Il metodo è stato quindi la condizione per garantire la qualità del risultato.

Ma un tempo non eravamo un popolo di santi, navigatori e innovatori…poi cosa è successo e cosa rischiamo come Paese?
Sulla santità non saprei. Ma navigatori e innovatori lo siamo e lo restiamo. Siamo un Paese che ha sempre prodotto tante storie di successo, molte delle quali imprenditoriali. Ci sono migliaia di italiani, dotati di grande intraprendenza e capacità, che negli anni hanno scoperto il mondo, inseguendo le opportunità all'estero: gli imprenditori sono andati in cerca di mercati dove esportare, tutti gli altri di un lavoro gratificante. Non solo i cosiddetti cervelli in fuga, ma decine di migliaia di giovani. Ecco, con il nostro lavoro vogliamo contribuire a far sì che restare in Italia non sia solo una soluzione di ripiego. Non mi illudo certo che tutto cambierà grazie alle misure sulle nuove aziende innovative. Ma sono convinto che possa essere un passo importante nella giusta direzione.

Un punto centrale del rapporto riguarda le semplificazioni, è così?
Puntiamo a rendere semplice e non oneroso avviare una startup. Il Governo ha già lavorato molto su questo fronte, ma le incrostazioni accumulatesi nei decenni sono difficili da scalfire. Lo consideriamo un altro tassello di un'opera che richiederà tempo e determinazione. Spesso in Italia l'argomento che si usa per non cambiare è che "le cose si sono sempre fatte così", oppure che "non sono prevedibili tutte le conseguenze delle nuove misure". Sono gli argomenti della conservazione, quelli che hanno ridotto il Paese nello stato in cui è. Chiediamo coraggio ai nostri giovani, esortandoli a rischiare, a mettersi in gioco, a diventare "imprenditori di loro stessi". Ma noi per primi, come Governo e Pubblica Amministrazione, per risultare credibili dobbiamo dare l'esempio e rimetterci in discussione.

Quali sono i requisiti per poter essere considerati startup e beneficiare del pacchetto di misure e agevolazioni?
La Start up deve avere meno di 4 anni, un fatturato inferiore ai 5 milioni di euro, deve accettare di non distribuire utili per il primo periodo, deve essere detenuta e controllata almeno al 51% da persone fisiche e deve avere come oggetto sociale lo sviluppo e la commercializzazione di prodotti ad alto contenuto tecnologico. Il senso è che non stiamo parlando di qualsiasi nuova azienda, ma solo delle nuove aziende innovative. Per misurare l'innovazione, facciamo riferimento ad alcuni criteri alternativi quali, ad esempio, una certa quota di spese di R&S, oppure una percentuale minima del totale della forza lavoro costituita da dottorandi o dottori di ricerca.

C'è un'età massima da rispettare?
Non c'è alcun limite di età. Siamo fiduciosi che le misure proposte andranno per lo più a beneficio di giovani, ma non pensiamo che sia utile o necessario introdurre una soglia anagrafica. Ogni soglia rappresenta una barriera, un limite, un'eccezione. Se un cinquantenne o un settantenne ha una buona idea di business legata all'innovazione tecnologica, perché non dovrebbe poter aprire una startup come tutti gli altri? Senza trascurare il fatto che molte persone in difficoltà perché hanno perso il lavoro prima di raggiungere l'età della pensione potrebbero decidere di unire le forze con dei ragazzi intraprendenti e avviare una startup, fondendo la loro esperienza e capacità di gestire un'azienda con la creatività di questi ultimi.


La task force ha proposto anche un contratto di lavoro per lavorare in startup. Di cosa si tratta?
Dato che le startup, puntando su idee molto innovative, hanno fisiologicamente un tasso di insuccesso molto alto, hanno bisogno di poter contare per i primi anni su un team di lavoro che abbia molta f lessibilità e che si possa adattare alle esigenze dell'azienda. La proposta è quella di più contratti a tempo determinato che si possano rinnovare anche senza soluzione di continuità per i primi 4 anni al termine dei quali il contratto diventa tempo indeterminato.
Altrimenti, la collaborazione con il dipendente non può continuare in nessuna altra forma, neppure autonoma. Evitiamo così la precarizzazione permanente per cui, dopo 4 anni di tempo determinato molto flessibile, il lavoratore è tenuto ad aprire la partita IVA per continuare a fare lo stesso lavoro di prima. Un elemento di grande f lessibilità iniziale, quando la startup ne ha più bisogno, è così compensato da un elemento di rigidità finale, quando ormai la startup è cresciuta. Inoltre, permettiamo alle startup di corrispondere una parte della remunerazione complessiva del dipendente con delle stock option. Normalmente questo strumento è associato ai top manager delle grandi banche. Ma si può pensare che sia un mezzo per attrarre capitale umano altamente qualificato quando ancora la startup non dispone di molta liquidità Mi aspetto che una misura del genere possa incentivare anche molti italiani all'estero a rientrare.

Specie al Sud, specie per le startup esiste anche un forte problema di scarsa liquidità...Come si rimedia?
In Italia abbiamo senz'altro un problema di scarsità di capitali di rischio. Alcune delle proposte della task force mirano proprio a rafforzare il venture capital. In una logica di mercato, ispirata alle migliori esperienze straniere, come quella israeliana, e senza mai prevedere investimenti diretti in startup da parte dello Stato, che non deve sostituirsi al mercato. È chiaro pure che per trovare le risorse necessarie, il venture capital non basta. Per questo abbiamo immaginato delle misure che, agendo sulla leva fiscale, incoraggino i privati e le aziende mature ad investire in startup, capitalizzandole con quote di minoranza. Così come abbiamo proposto delle misure per rendere più facile per le startup l'accesso al credito bancario, e abbiamo immaginato di predisporre in Italia meccanismi di raccolta di capitali diffusi simili a quelli introdotti di recente dal presidente Obama negli Stati Uniti.

Sempre nel rapporto, si legge che le startup rappresentano una vera risorsa per i territori. Confindustria Salerno dedica alle nuove imprese innovative addirittura un premio. Secondo lei perché si deve scommettere sulle startup?

Per i territori, le startup possono essere l'occasione per ripensarsi, per puntare sulle proprie specificità, per diventar veloci e agili nelle procedure amministrative, per aggregare tanti attori locali pubblici e privati al fine di diventare ecosistemi locali favorevoli alle startup e in grado di attrarre talenti e capitali dall'estero. Non stiamo parlando solo di sviluppo e occupazione locale. Ma anche di cultura, di come una comunità si concepisce e decide di investire sul proprio futuro. Ogni territorio dovrebbe investire il meglio delle proprie risorse - anzitutto del proprio capitale umano - per raggiungere questi obiettivi Mi fa piacere scoprire che Salerno dedica un premio alle nuove imprese innovative. Credo serva anche a far conoscere tante storie di successo, a creare esempi virtuosi. Di questo abbiamo assolutamente bisogno, tutti, e in particolare i nostri giovani.



PICCOLI PREMI CRESCONO


GIUSEPPE DE NICOLA
Ideatore del Premio BPI e Presidente del Gruppo Servizi Innovativi e Tecnologici di Confindustria Salerno


Presidente De Nicola, il prossimo anno sale a sette il numero delle edizioni del Premio BP per l'Innovazione. Quando, come e a quale scopo è nata quest'iniziativa?
Il premio è nato nel 2005, un'idea condivisa con l'allora presidente del gruppo SIT – Servizi Innovativi e Tecnologici di Confindustria Salerno - Roberto Magliulo.
Lo scopo del progetto era duplice: far conoscere in modo semplice le competenze delle imprese dei servizi innovativi al mercato e creare un raccordo più oggettivo tra le imprese del terziario avanzato e il mondo universitario. L'idea di un comitato scientifico misto, composto da imprenditori e docenti, ha generato le linee guida che sono oggi lo strumento di valutazione dei progetti.
Lo scopo del premio è quello di diffondere l'innovazione nel sistema produttivo (soprattutto meridionale) in modo semplice: se nel 2005 la nostra economia poteva permettersi di rimandare gli investimenti in materia, oggi l'innovazione rappresenta una scelta necessaria, il nostro compito è quello di aiutare la domanda ad orientare meglio le decisioni di investimento in materia. Il premio quindi è un'occasione per le imprese per conoscere i nuovi strumenti competitivi necessari per affrontare un mercato sempre più globale e concorrenziale. La sezione upstart è, invece, uno spin off del premio nato nel 2012, che ci ha sorpreso ed emozionato. Nel ricordo del compianto Paolo Traci abbiamo avuto modo di ritrovare uno spirito associativo e un sistema di valori che ha coinvolto molti colleghi, grazie alle sollecitazioni positive di Gerardo Sica e Michelangelo Lurgi. Le oltre 50 nuove idee presentate hanno portato una grande ventata di novità ed entusiasmo, oltre che stimoli e suggerimenti sul futuro del Paese e del nostro sistema produttivo.

Che opportunità riserva il Premio alle aziende che vi partecipano?
L'evolversi del format ha progressivamente coinvolto un numero sempre maggiore di partecipanti e di pubblico interessato: la vera opportunità che la nostra iniziativa offre ai partecipanti è una visibilità oggettiva che genera occasioni di relazioni commerciali e sinergie tra le imprese, ma anche di contatto con investitori nazionali ed esteri I 2 giorni di Salerno sono un buon momento di confronto concreto in un clima che qualcuno ha definito "familiare": una bella occasione di conoscersi senza formalismi in una cornice mediterranea eccezionale.

Se dovesse tracciare un bilancio, a sette anni dalla prima volta, cosa è accaduto in termini di opportunità, di confronto e di scambio tra le aziende non solo salernitane grazie all'organizzazione del Premio BPI?
Da confronti occasionali con i partecipanti alle varie edizioni, abbiamo verificato con certezza che la visibilità generata al premio ha prodotto commesse a diverse imprese partecipanti, locali e nazionali. Inoltre i fondi di investimento coinvolti nelle scorse due edizioni, stanno valutando concretamente la possibilità di finanziare alcune delle aziende partecipanti e di avviarle anche a relazioni sui mercati internazionali. Non mi sembra un risultato trascurabile.

Tra le novità dell'edizione 2012, senz'altro buona eco ha avuto l'idea del road show: vuole dirci come si è evoluta e se il prossimo anno sarà ripetuta?

L'idea di promuovere il premio presso diverse Territoriali di Confindustria è nata dalla volontà di aggregare e condividere intorno al progetto esperienze diverse in tema di innovazione e contestualmente costruire ponti relazionali utili, solidali e capaci di produrre nuovi valori. Siamo riusciti a dare uno stimolo in tale direzione e intendiamo continuare in questo senso: punture di spillo che dal basso pungono il sistema e lo stimolano al rinnovamento. Per l'edizione 2013 l'obiettivo è un tour in almeno dieci regioni. A breve renderemo noto il calendario delle tappe.

Qualche indiscrezione sul Premio BPI 2013?
L'obiettivo è migliorare i risultati della scorsa edizione, rendere concrete le occasioni di business e indirizzare il premio sempre più verso i mercati internazionali, tradizionali ed emergenti. Nei comitati di valutazione delle due sezioni saranno coinvolti diversi membri provenienti da altre nazioni europee ed extraUE. Oltre questo, proveremo a regionalizzare il premio, creando le condizioni per realizzare sui territori regionali tappe intermedie in grado di replicare il modello sullo schema dei concorsi nazional-popolari, di bellezza o canori. Lo scopo è quello di esportare e rendere il tema "naturale e accessibile": l'innovazione deve arrivare nelle case, nelle strade e nei bar, oltre che nelle imprese e nelle università, essere materia di discussione comelo sport. Una sfida poco ortodossa ma necessaria.


Cosa direbbe a chi sta decidendo se partecipare o meno alla nuova edizione del Premio? Come lo motiverebbe?
Il premio è un'occasione per raccontare il proprio lavoro. Chi "produce" innovazione intimamente ha la voglia di fare conoscere il proprio lavoro, i vantaggi che offre e condividere idee con altri innovatori. Poter divulgare il proprio progetto al mercato, agli investitori, al mondo accademico e ai media, coinvolgendo i propri clienti e i propri contatti nella competizione legata al voto sul sito del premio (www.premiobestpractices.it) e sapere che tra le migliaia di contatti, che l'evento genera grazie al web 2.0 e alle azioni di comunicazione, ci possono essere nuovi clienti: tutti motivi validissimi per partecipare.Scherzosamente, dico che l'iniziativa unisce "innovazione e dieta mediterranea".
Partecipare alle nostre giornate vuol dire anche godersi le bellezze della Costiera Amalfitana e la nostra dieta mediterranea, patrimonio mondiale dell'umanità per l'Unesco. Non credo ci sia niente di simile in giro per lo stivale.

Ai partner, invece, quale messaggio vuole lanciare?
Per il 2013 intendiamo consolidare le sinergie avviate, a partire dal progetto etico Fatto@Scampia, rafforzeremo le sinergie anche con il Giffoni Film Festival per valorizzare le startup, con l'università di Salerno e i fondi di investimento che ci hanno affiancato. Intendiamo inoltre creare nuove partnership nazionali e internazionali.
A chi ha sostenuto il progetto e a chi intende avvicinarsi dico semplicemente che il rapporto costi/benefici è molto vantaggioso (l'edizione 2012 ha raggiunto oltre 200.000 contatti), sia sotto il profilo squisitamente economico che d'immagine, relazionale ed etico: sostenere il premio vuol dire supportare la volontà del tessuto produttivo di fronteggiare la sfida che stiamo vivendo, provare a ricostruire insieme un'idea di presente capace di offrirci prospettive positive.



ZOLLO: «Siamo ancora fuori dal mondo digitale»


GIUSEPPE ZOLLO
Presidente Campania Innovazione SPA


Presidente Zollo, quella che viviamo è in modo compiuto un'economia digitale?
lL'economia digitale crea valore in diversi modi: incrementando il PIL e, di conseguenza, accelerando lo sviluppo economico del Paese; creando posti di lavoro; favorendo la crescita e le esportazioni delle aziende, soprattutto di piccole e medie dimensioni.
La forza di questo impatto va sfruttata pienamente, nell'ottica di un rafforzamento competitivo del nostro sistema produttivo, sempre più orientato alla tecnologia e alla conoscenza. La crisi finanziaria del 2008 ha messo in luce alcune carenze strutturali dell'economia europea.
L'Unione Europea è fuori dal mondo digitale: nemmeno un'azienda europea nella top ten di quelle di maggior successo (ai primi posti Google, Amazon, eBay e Facebook), sonon europei solo quanttro dei 54 siti più visitati e anche sulla penetrazione della fibra ottica il Vecchio Continente arranca.
Se puntiamo un faro sul nostro Paese, scopriamo che l'economia digitale ha creato in Italia 700mila posti di lavoro, ma, tuttavia, impatta solo per il 2% sul PIL. In tema di eGovernment, l'Italia ha compiuto progressi significativi nella fornitura di servizi on line, anche grazie a servizi innovativi in settori come sanità e istruzione.
Tuttavia i dati italiani rimangono molto al di sotto della media UE (23%), parzialmente a causa della presenza diffusa di reti private dedicate all'erogazione del servizio ai cittadini.
Sul fronte delle imprese, lì84% delle imprese italiane utilizza servizi pubblici online. La percentuale di utenti che utilizza internet regolarmente (48%) è una delle più basse nell'UE, così come è tra le più alte quella di coloro che non hanno mai utilizzato Internet (41%).
Se finalmente si proocederà all'attuazione dell'Agenda Digitale in Italia, un programma che il Governo Monti sembra voler sostenere con forza, si creeranno nuovi posti di lavoro e si favorirà lo sviluppo delle PMI.

Esistono quindi ancora molti limiti alla sua concreta realizzazione…
Il settore dell'Ict è responsabile del 4,8% del Pil Europeo - crca 660 miliardi di euro all'anno - e contribuisce per il 30% alla crescita della produttività, aiutando le industrie a innovarsi grazie alle nuove tecnologie. Ma sono ancora parecchi gli ostacoli che impediscono all'Europa di mettersi in riga con lo sviluppo tecnologico del resto del mondo: la frammentazione dei mercati digitali; la mancanza di interoperabilità; l'aumento della criminalità informatica e il rischio di un calo della fiducia nelle reti; la mancanza di investimenti nelle reti; l'impegno insufficiente nella ricerca e nell'innovazione; la mancanza di alfabetizzazione digitale e di competenze informatiche. Per procedere nella costruzione della cittadinanza digitale è però fondamentale il ruolo attivo delle regioni con una governance capace di avviare la realizzazione di infrastrutture telematiche uniformemente diffuse sul territorio. Tutto il piano di azione della Regione Campania a sostegno dell'ICT e a sostegno della Ricerca, dello Sviluppo e dell'Innovazione ha come denominatore comune la disponibilità di una rete a larga banda diffusa, affidabile e in grado di raccogliere e trasportare le informazioni in ogni punto della regione. Senza la rete non è possibile accedere ai servizi e una infrastruttura sorretta da una rete non adeguata non può fornire un servizio di qualità ai suoi utenti. Per questo motivo è stato inserita nell'elenco dei grandi progetti regionali la realizzazione del completamento della Larga Banda sull'intero territorio regionale, progetto che include l'upgrade alla Rete di nuova generazione e la realizzazione di alcuni servizi applicativi (principalmente in ambito sanitario) di principale importanza per lo sviluppo del territorio. Di riflesso la rete contribuirà a favorire la competitività delle PMI innalzandone il livello di competenze, con azioni rivolte all'introduzione dell'ICT come innovazione dei processi interni.

L'Italia "politica" nelle ultime settimane ha scelto di scommettere sulle startup. Campania Innovazione in che modo invece intende sostenere le nuove imprese?

Con la mission di realizzare una porta di accesso unica ai programmi di innovazione e trasferimento tecnologico, Campania Innovazione offre servizi per supportare la creazione, lo sviluppo e il consolidamento di start-up innovative, spin-off e PMI tradizionali. I programmi e i servizi di Campania Innovazione sono attivati attraverso Campania In.Hub Rete Regionale Ricerca e Innovazione che opera a sostegno della competitività del sistema ricerca e impresa. L'Agenzia si è attivamente impegnata nella costruzione e implementazione della Rete: sono stati costruiti accordi con gli uffici di trasferimento tecnologico di 5 atenei, Camere di Commercio, PST e con tutto il sistema confindustriale. Sostenere la creazione di startup innovative significa mettere in campo azioni che guardino sia al mondo della ricerca che a quello delle imprese. Per questo, in collaborazione con i 5 atenei, abbiamo promosso Exit Camp, un progetto che favorisce la tutela della proprietà intellettuale, l'imprenditorialità dei giovani ricercatori e il trasferimento tecnologico a beneficio delle PMI. Frutto della sinergia tra Campania Innovazione, Confindustria Campania e le Associazioni territoriali è inoltre il nuovo Industrial Innovation Programme che rappresenta l'opportunità per le imprese di dare avvio ad un percorso di innovazione di processo, prodotto, organizzativo e di marketing, rispetto al quale, le pratiche di trasferimento tecnologico, tra mondo della ricerca e impresa, assumono un ruolo centrale. Infine, fino al 31 dicembre 2013, sarà possibile per le nuove iniziative di imprese innovative partecipare al Bando per l'insediamento presso il Polo Tecnologico di Campania Innovazione Spa.


Campania Innovazione crede fortemente nella bontà del Premio Best Practices di cui è sostenitrice. A suo avvisol'iniziativa può essere il volano giusto anche per favorire un sistema virtuoso di utilizzo delle risorse pubbliche e private?
Nell'operare di Campania Innovazione risulta di fondamentale importanza la sinergia con tutto il sistema confindustriale e, in particolare, la collaborazione con Confindustria Salerno nell'ambito del Premio "Best Practices per l'Innovazione. La nostra collaborazione con la Territoriale salernitana nell'ambito del Premio BPI rientra in un programma di azioni congiunte, finalizzato ad implementare progetti di trasferimento tecnologico a favore delle PMI e ad erogare servizi di assistenza specialistica per favorire l'innovazione di prodotto, di processo e organizzativa.

Proprio nel corso di una precedente edizione del Premio BP a Salerno lei lanciò l'idea di un osservatorio regionale funzionale a monitorare ricaduta ed effetti degli investimenti pubblici nel settore dell'innovazione. A che punto è la realizzazione dello strumento?
Il sistema di monitoraggio funzionale per misurare ricaduta ed effetti degli investimenti pubblici nel settore dell'innovazione rappresenta il secondo step del piano di lavoro dell'Osservatorio del Sistema di Innovazione della Regione Campania. Progetto finalizzato a sostenere e consolidare la dinamica della costituzione della Rete regionale Ricerca e Innovazione attraverso: la misurazione delle performance basato sulla comparabilità della regione Campania con le altre regioni italiane ed europee; il monitoraggio e la valutazione dei processi e dei risultati delle policy regionali; la creazione di un database per il benchmarking e il benchlearning su politiche e strategie di intervento nazionali e internazionali. Primo prodotto dell'Osservatorio è stato lo Scoreboard Regionale, sistema di misurazione delle performance e della capacità innovativa della Campania. Lo Scoreboard dell'Innovazione regionale costituisce un importante strumento di conoscenza, oltre che occasione di riflessione, circa le politiche di innovazione attivate, i risultati ottenuti, i fenomeni emergenti e le sfide per il futuro dello sviluppo delle politiche territoriali. La prima versione dello Scoreboard dell'Innovazione regionale è stata completata a luglio 2012 ed è scaricabile dal sito di Campania Innovazione e della rete Campania In.Hub. Segnalo alcune interessanti evidenze. La regione Campania risulta essere al 3° posto rispetto alle 20 regioni italiane nelle Istituzioni di R&S (0,617), dopo Lazio (1) e Umbria (0,624). La regione Campania conta, infatti, su di una considerevole presenza di Centri di Ricerca (Privati, Pubblici, Pubblico Privati), Distretti ad Alta Tecnologia e istituti pubblici privati. In particolare 52 Centri di Ricerca Pubblici così ripartiti: 29 Istituti di CNR, Stazione Zoologica "A. Dhorn", Enea C.R. Portici, 10 Centri di Eccellenza, 10 Centri di competenza e l'Istituto Nazionale Tumori Fondazione "G. Pascale". Sette Distretti ad Alta Tecnologia e 11 Laboratori Pubblici-Privati.




«TRASFORMARE LE IDEE IN FATTI» Questa la natura del Premio Best Practices


GERARDO CANFORA
Comitato Scientifico Premio BPI Facoltà di Ingegneria Università di Benevento


In questi giorni difficili, con molte aziende che fanno fatica a stare sul mercato e i tassi di occupazione, specie quella giovanile, in costante contrazione, si parla spesso d'innovazione. La capacità di innovare viene invocata da più parti, e a ragione, come l'unica via d'uscita da questa crisi economica, la peggiore del dopoguerra, e la leva fondamentale per rilanciare la capacità di competere delle imprese italiane. In questo scenario, il Premio Best Practices per l'Innovazione, che si avvia quest'anno alla sua settima edizione, rappresenta un'occasione di confronto e di stimolo per gli attori del mondo dell'innovazione e, soprattutto, è una vetrina formidabile dell'Italia che innova, raccontata in maniera concreta attraverso le storie d'imprenditori che hanno saputo trasformare le idee in fatti.
Quando si parla d'innovazione, materia difficile che si presta a equivoci, è necessario fare attenzione a distinguere i termini e a precisarne il significato. Prima di tutto, bisogna distinguere tra i concetti di ricerca e d'innovazione, molto spesso erroneamente usati come sinonimi. La ricerca si pone come obiettivo fondamentale lo sviluppo di nuova conoscenza, mentre l'innovazione mira a sfruttare tale conoscenza per creare nuovi prodotti e servizi per il mercato, con l'obiettivo ultimo di potenziare la capacità competitiva di un'azienda. In secondo luogo, è importante ricordare che non esiste un modello unico d'innovazione che possa essere applicato con successo a realtà produttive e a situazioni di mercato diverse. L'innovazione è un processo complesso che nasce dalla capacità di combinare in maniera creativa elementi diversi: ricerca, imprenditorialità, tecnologia, finanza. La giusta strada per combinare questi, e altri, ingredienti va ricercata caso per caso, ed è l'imprenditore, con la sua creatività e la sua conoscenza del mercato di riferimento, che gioca il ruolo chiave nel percorso di selezione degli ingredienti utili e necessari a realizzare la sua idea di innovazione. Un terzo punto su cui vale la pena porre l'accento è il fatto che l'innovazione non nasce spontaneamente e, soprattutto, la capacità di innovare non si sviluppa dall'oggi al domani.
Spesso si usa la metafora dell'ecosistema per descrivere il modo in cui i processi d'innovazione si formano e si sviluppano: l'innovazione come ecosistema che collega imprese, università, centri di ricerca, utenti, mercati, amministrazioni pubbliche, banche e investitori. E proprio come un ecosistema naturale, quello dell'innovazione è un sistema delicato, complesso, in equilibrio dinamico. Sin dalla sua fondazione, il premio Best Practices ha fatto suoi questi principi e li ha concretamente praticati nelle scelte fatte. Il premio ha costantemente privilegiato i casi compiuti d'innovazione ai modelli teorici, e ha sempre guardato con grande attenzione al potenziale che ogni progetto d'innovazione ha nel proprio mercato di riferimento, senza mai cedere alla tentazione di cercare nei progetti scoperte di natura scientifica, quanto piuttosto la capacità di un'azienda di creare valore aggiunto, per se stessa e per i propri clienti e utenti, mediante l'applicazione di risultati scientifici.
I progetti sono stati sempre valutati considerando una molteplicità di punti di vista, fra cui la capacità di accrescere il potenziale competitivo dell'azienda, l'impatto sociale e la capacità di migliorare la vita degli utenti, la capacità di favorire e promuovere la crescita di competenze all'intero dell'azienda, la capacità di contribuire alla creazione di rapporti collaborativi fra industria e mondo della ricerca, la possibilità di essere adattati e replicati in altre realtà industriali o in mercati diversi, e, non ultimo, il livello d'investimento richiesto Il premio offre un contributo concreto allo sviluppo di un ecosistema dell'innovazione, creando, a partire dal racconto di casi reali d'innovazione fatto direttamente dai protagonisti (prima di tutto imprenditori, ma anche ricercatori, tecnologi, esperti di marketing, di organizzazione, di finanza), un terreno ideale per l'incontro fra professionalità e sensibilità diverse. Le imprese che accettano la sfida di mettere in rete l'innovazione trovano nel premio un terreno fertile per condividere pratiche di successo e per creare network in cui asset e conoscenze complementari possano essere integrate e valorizzate.
Dando voce all'Italia che innova, il premio Best Practices per l'Innovazione si pone l'ambizioso obiettivo di innescare processi virtuosi d'imitazione e di contribuire alla diffusione di una cultura d'impresa in materia d'innovazione. Questo non potrà che avere effetti positivi sulla capacità del nostro sistema industriale di competere sullo scenario globale.






INTERPRETARE LO SPIRITO DEL CAMBIAMENTO Una delle facce dell'innovazione


BIAGIO MATALUNI
Presidente degli Oleifici Mataluni e Confindustria Benevento


Investire in innovazione tecnologica è un importante fattore di competitività, ma - come presidente di una Territoriale prima e come imprenditore poi - quanto importante secondo lei? La sua azienda come si comporta al riguardo?

Vincere le sfide della globalizzazione e della competitività è l'obiettivo che oggi si trova a dover fronteggiare l'impresa. Un'impresa competitiva è tale se investe in innovazione. Innovare è prima di tutto un modello culturale, una ricerca continua verso la qualità e l'efficienza, la tensione verso una crescita sostenibile ed equilibrata. Ma sarebbe limitato pensare di innovare fermandosi solo al prodotto o al processo, senza partire dall'organizzazione e dalla cultura aziendale. L'uso efficiente delle tecnologie, la cultura, la qualità, la compatibilità ambientale sono asset dell'azienda che, insieme alla valorizzazione dei giovani e del territorio, rappresentano i pilastri su cui deve fondarsi questo nuovo paradigma di innovazione.
L'innovazione, dunque, riguarda anche la gestione delle risorse umane e l'internazionalizzazione. Grazie a questi elementi, in 20 anni la mia azienda è riuscita ad interpretare lo spirito del cambiamento che impone il mercato, trasformandosi da azienda artigianale a complesso agroindustriale oleario.

Passando a progetti specifici, come è nato il Centro di ricerca per l'industria olearia e quali obiettivi si propone di raggiungere?
L'attenzione alla qualità e la tendenza all'innovazione continua sono garantite dalla presenza, nel complesso agroindustriale degli Oleifici Mataluni, del Centro di ricerca per l'industria olearia (Criol), specializzato nello sviluppo di materie olearie e packaging innovativo. Il Criol nasce dalle esigenze di Ricerca e Sviluppo degli Oleifici Mataluni e dalla collaborazione con il Dipartimento di Scienza degli Alimenti dell'Università degli studi di Napoli Federico II. Fondato nel 2004 nell'ambito del progetto "Controllo qualità e innovazione tecnologica nell'industria olearia", oggi il Criol è considerato tra i centri di eccellenza più all'avanguardia nel settore oleario e, dal 2010, è incluso nell'Albo ministeriale dei laboratori di ricerca riconosciuti dal MIUR. Il Criol opera in attiva collaborazione con numerosi centri di ricerca italiani ed europei e con prestigiosi atenei tra cui l'Università di Napoli "Federico II", la Seconda Università di Napoli, l'Università di Salerno e l'Università del Sannio. Le numerose collaborazioni scientifiche, la presenza di strumentazioni innovative e di giovani ricercatori provenienti da esperienze di ricerca in ambito universitario, consentono al Criol di portare avanti in maniera efficace diverse linee di ricerca nei settori del controllo della qualità, del miglioramento delle proprietà nutrizionali e sensoriali degli oli, dell'innovazione nelle tecnologie di produzione, dello sviluppo di imballaggi innovativi per funzionalità ed eco-compatibilità, e della valorizzazione di sottoprodotti dei processi produttivi.

Lei, qualche anno fa, ha preso parte al Premio Best Practices. Ritiene, in virtù della sua esperienza, che manifestazioni come quella organizzata dal Gruppo Servizi di Confindustria Salerno siano utili per incrementare l'appeal di un prodotto e/o di un'azienda?

L'obiettivo più importante del premio Best Practices è quello di stimolare la cultura dell'innovazione. Infatti, attraverso questo progetto si favorisce la diffusione di esempi di innovazione concreta nel sistema produttivo nazionale e, in particolar modo, in quello meridionale. Iniziative come quella avviata dal Gruppo Servizi di Confindustria Salerno rappresentano delle vere e proprie vetrine e offrono opportunità di sviluppo concreto alle imprese del nostro territorio che, troppo spesso, sono lasciate ai margini. Gli Oleifici Mataluni hanno partecipato all'iniziativa con una proposta altamente innovativa che ha riguardato la creazione di una innovativa bottiglia in PET, più leggera del vetro, più pratica e 100% riciclabile. Nell'edizione di quest'anno, si è aggiudicata il secondo posto proprio un'azienda di Benevento, la "Spin Vector", a dimostrazione delle eccellenze espresse dal nostro sistema produttivo.

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