LA MEDIAZIONE CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Marco Marinaro Avvocato
Avvocato Cassazionista
Professore a contratto SSPL Univ. Napoli Federico II, SSPL Univ. Salerno Seconda Univ. Napoli e Univ. Molise Conciliatore e Arbitro della Camera Consob
www.studiolegalemarinaro.it
La progressiva diffusione degli strumenti alternativi per la risoluzione delle controversie e, in particolare, della mediazione in ogni settore del diritto civile e commerciale in virtù di una estesa obbligatorietà del tentativo preventivo di conciliazione, approda finalmente anche alle porte della Pubblica Amministrazione.
Notevole interesse ha destato infatti la pubblicazione della Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dipartimento della Funzione Pubblica) del 10 agosto 2012, che contiene le linee guida per una omogenea e coerente linea operativa delle amministrazioni pubbliche nei procedimenti conciliativi instaurati e da instaurarsi ai sensi del D.lgs. 28/2010.
La Circolare costituisce l'occasione che finalmente induce ad interrogarsi sulle opportunità offerte da questo rinnovato approccio alle liti anche nei rapporti nei quali sia parte la Pubblica Amministrazione. Si deve rilevare tuttavia che la tematica suscita tuttora profonde resistenze culturali, non tanto degli studiosi, quanto dei funzionari preposti, poco inclini a seguire il profondo mutamento culturale, prim'ancora che legislativo, che pervade una P.A. radicalmente trasformata. In questo contesto, la nuova disciplina in materia di mediazione può contribuire in maniera determinante a superare rapidamente quanto meno gli ostacoli formali solitamente opposti dai dirigenti a tutela dell'ente rappresentato, nella certezza che quelli culturali sono destinati gradualmente ad affievolirsi e scomparire se si considera, ad esempio, che – a prescindere dall'obbligodi mediazione previsto dalla legge - preferire sempre e comunque la via giudiziale espone l'ente pubblico alla difesa in più gradi di giudizio con tempi, costi e risultati tutti da valutare.
E allora, non appare superfluo ricordare come l'agire della PA debba essere sempre orientato dal principio fondamentale espresso dall'art. 97, comma 1, della Carta Costituzionale, assicurando "il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione".
Occorre dunque sempre perseguire il "buon andamento" e cioè l'efficacia – intesa come raggiungimento dello scopo – e l'efficienza – intesa come migliore impiego delle risorse dell'azione – dell'amministrazione. In questa prospettiva, particolare rilievo assumono le numerose e profonde riforme legislative operate sin dal 1990 (con la famosa normativa ex lege 241/90 che ha imposto la "trasparenza") e indirizzate alla "privatizzazione" della P.A.; come anche la creazione di enti di diritto privato a totale o prevalente capitale pubblico per la gestione dei servizi pubblici e la necessità di confrontarsi e di adeguarsi agli standards europei dell'organizzazione amministrativa che hanno condotto ad una gestione di tipo manageriale per il perseguimento degli obiettivi di efficienza ed efficacia. Sul punto deve far riflettere l'affermarsi di un orientamento della Corte dei Conti volto alla condanna per mala gestio e lite temeraria della "resistenza in giudizio ad ogni costo" da parte della PA, comportamento tuttora molto diffuso e sicuramente da stigmatizzare.
D'altro canto si deve in ogni caso
rimarcare che possono essere conciliate le liti aventi ad oggetto diritti disponibili purché siano osservati i criteri di economicità, efficienza, efficacia e ragionevolezza. Sul punto si può brevemente precisare che in tal guisa potranno essere conciliate le controversie aventi ad oggetto situazioni patrimoniali disciplinate contrattualmente tra la P.A. e il privato, mentre non potranno essere conciliate quelle liti relative a posizioni di diritto pubblico alle quali siano pur collegate situazioni patrimoniali (si pensi ad esempio agli atti vincolati, alle obbligazioni naturali, etc.).
La Circolare in particolare contribuisce a chiarire come la P.A. evocata in mediazione debba procedere «alla valutazione in concreto sulla convenienza a partecipare al procedimento di mediazione, provvedendo, ove non intenda intervenire, a formalizzare con specifico atto la scelta operata sulla base della propria discrezionalità e, ove ritenuto opportuno, comunicando tale scelta all'organismo di mediazione» non senza sottolineare come la normativa preveda rischi di sanzioni economiche a carico di chi senza giustificato motivo non partecipi al procedimento di mediazione. Invero, le persistenti resistenze opposte dalla classe dirigente della P.A., alla quale spetta il compito di gestione in contrappunto al potere di indirizzo e controllo di natura politica dell'ente pubblico, trovano fondamento attualmente, più che in vetusti retaggi burocratici, nel timore di incorrere nell'accertamento della responsabilità contabile. In proposito si deve sottolineare che «la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o colpa grave, ferma restando l'insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali» (art. 1, comma 1,1. 20/1994 e s.m.i.).
La norma citata e l'interpretazione della stessa fornita dalla Corte dei Conti e dalla Suprema Corte di Cassazione consentono all'ente pubblico di accedere al procedimento conciliativo (che solitamente potrà concludersi nella forma di una transazione) per la soluzione di una controversia nell'àmbito delle finalità istituzionali dello stesso, non soltanto qualora assuma scelte discrezionali, ma ogniqualvolta la scelta operata sia ragionevole e magari supportata da oggettive valutazioni tecnico-giuridiche o da pareri (ad es. negli enti locali la funzione consultiva è attribuita al segretario comunale). Al riguardo la Circolare precisa opportunamente «che per controversia è da intendersi la crisi di cooperazione tra soggetti privati, ovvero tra privati e pubbliche amministrazioni che agiscono "iure privatorum", risolubile non soltanto attraverso la netta demarcazione tra torti e ragioni di ciascuno, ma anche per mezzo di accordi amichevoli che tendano a rinegoziare e a ridefìnire gli obiettivi, i contenuti e i tempi del rapporto di cooperazione, in vista del suo prolungamento, e non necessariamente della sua chiusura definitiva». La mediazione obbligatoria, che tanti dubbi ha posto tra gli operatori del sistema giustizia, può consentire anche nell'ambito del rapporto con la P.A. di avviare un più consapevole approccio alla risoluzione delle controversie consentendo di acquisire adeguata consapevolezza alla utile gestione del conflitto nel perseguimento del "buon andamento" della Pubblica Amministrazione.
Notevole interesse rivestono le esperienze maturate da alcuni enti pubblici (prevalentemente enti locali) i quali con lodevole lungimiranza hanno ritenuto da alcuni anni (e ben prima dell'approvazione del d.lgs. 28/2010) di avviare e regolamentare "sportelli di conciliazione" finalizzati al perseguimento del buon andamento dell'ente e della soddisfazione del cittadino. Il primo esperimento segnalato è quello del Comune di Roma che ha istituito uno sportello al quale possono accedere quanti richiedono un risarcimento danni all'amministrazione comunale capitolina.
Il valore massimo della controversia è fissato in euro 12.911,42 e l'interessato potrà presentare la domanda presso l'U.R.P. (Ufficio Relazioni con il Pubblico) della circoscrizione nella quale si è verificato l'evento dannoso allegando la documentazione analiticamente richiesta. In esito alla stessa, espletati i dovuti accertamenti ed acquisito il parere favorevole dell'avvocatura, l'istante sarà invitato a presentarsi presso la Camera di Conciliazione per espletare il relativo tentativo. La casistica più frequente riguarda evidentemente i dissesti del manto stradale di proprietà comunale, la caduta di alberi o gli allagamenti provocati da tombini otturati. Altra esperienza è quella del Comune di Jesi che ha stipulato una convenzione con la Camera Arbitrale aesina alla quale possono rivolgersi i cittadini per la soluzione di controversie – senza limiti di materia e di valore – dopo aver espletato ogni tentativo personale o tramite il difensore civico senza ottenere una risposta ritenuta soddisfacente dal Comune. Il procedimento deve concludersi nel termine di 60 giorni dalla proposizione dell'istanza e lo stesso è esente da ogni costo. Anche il Comune di Napoli propone ai cittadini un'alternativa rapida ed efficace per la soluzione delle controversie; l'ente ha stipulato infatti una convenzione con la locale Camera di Commercio (presso la quale è in funzione la Camera di Conciliazione) per la trattazione di liti aventi ad oggetto il risarcimento danni per un valore massimo di euro 15.493,71.
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