ARCHIVIO COSTOZERO

 
Cerca nel sito



Vai al numero in corso


  Dicembre 2012

Articoli n° 04
MAGGIO 2010
 
PROGETTO ADR - Home Page
stampa l'articolo stampa l'articolo

La mediazione delle controversie:
scelta di un percorso conciliativo consapevole

Un’opportunità per soddisfare gli interessi delle parti in una logica riconciliativa e coesistenziale

Avvocato Cassazionista - Conciliatore
Professore a contratto di Metodi di risoluzione delle controversie alternativi alla giurisdizione,
Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università di Salerno

www.studiolegalemarinaro.it



La recente disciplina normativa che ha introdotto nell’ordinamento italiano la mediazione delle liti civili e commerciali (entrata in vigore il 20 marzo 2010) ha ottenuto l’effetto di catturare l’attenzione degli operatori del diritto e degli utenti del sistema giustizia su una nuova opportunità che ora si dischiude all’emergere di una controversia.
Si è avviato quindi un percorso ormai irreversibile che, tra inevitabili difficoltà e diffidenze, induce gli attori di una lite a confrontarsi sulla possibilità indicata e incentivata dalla legge di tentare un approccio “alternativo” per la soluzione negoziata della insorta controversia.
É una opportunità offerta dal legislatore alle parti che non ha precedenti nel sistema italiano e che non può non suscitare interesse e attenzione sollecitando un rinnovato approccio culturale che prescinde dal costrittivo binomio processuale “torto/ragione”. Ma il superamento di un approccio “aggiudicativo” non significa e non può significare ricercare un limitativo e insoddisfacente “compromesso” di posizioni. Mediare una controversia non significa trovare a tutti costi una soluzione che mortifichi, seppur in diversa misura, tutte le parti del procedimento. Significa invece immaginare e perseguire soluzioni diversificate che potranno trasformare la lite stessa in una vera e propria occasione e mero presupposto per una soluzione che, superando le contrapposte posizioni, ne privilegi la realizzazione dei sottesi interessi.
In questa prospettiva, l’obbligatorietà del tentativo di mediazione da espletare in molteplici materie del diritto civile con decorrenza del 20 marzo 2011 costituirà l’occasione per le parti di avvicinarsi ad una nuova logica che propone la soluzione di una controversia attraverso strumenti e tecniche relazionali utili a consentire agli interessati di interloquire positivamente ed efficacemente verso il possibile superamento dell’impas- se che le ha portate ad una contrapposizione.
Ma tentare la mediazione non significa e non può significare immaginare che d’ora innanzi tutte le liti potranno trovare una soluzione pacifica in sede conciliativa. Invero, non tutte le controversie sono conciliabili anche se è difficile ritenere che tale selezione possa essere operata in astratto. Ed allora soltanto ad un esame attento delle singole e specifiche controversie sarà possibile valutare l’utilità della mediazione, la cui scelta convinta e consapevole potrà condurre le parti ad un confronto sereno e approfondito che miri a soddisfare, per quanto possibile, gli interessi delle stesse in una logica riconciliativa e coesistenziale.
Il ruolo dei consulenti sarà centrale nella scelta di un percorso conciliativo consapevole. L’analisi della controversia e degli interessi delle parti, la scelta dell’organismo presso il quale espletare il tentativo di conciliazione e la capacità di partecipare utilmente al procedimento assumeranno un ruolo determinante per il successo della mediazione. Non un ulteriore ed intollerabile lacciuolo al procedimento giudiziario, ma una concreta opportunità per le parti per una negoziazione guidata con competenza e autorevolezza. Ed allora scegliere consapevolmente la mediazione significa anche valorizzare incentivi ed opportunità offerti dalla nuova legislazione. L’esenzione totale dall’imposta di registro fino all’importo di euro 50.000 diviene ad esempio un importante incentivo per le liti che hanno un valore pari o poco superiore a quell’importo. Ma l’assoluta riservatezza, interna ed esterna, garantita dalla normativa in vigore costituisce probabilmente il più interessante “incentivo” per la soluzione di controversie nelle quali l’oggetto del contendere e i rapporti tra le parti richiedono la massima confidenzialità prima, durante e dopo, anche a prescindere dall’esito della mediazione (e ciò spesso accade nelle relazioni tra imprese, soprattutto qualora vi siano rapporti commerciali consolidati). Si pensi infatti alle imprese che operano in un mercato ristretto ove la reputazione commerciale diviene essenziale alla instaurazione e alla prosecuzione delle relazioni e dove quindi nessuna delle parti ha interesse a rendere nota la lite e i contenuti della soluzione della stessa. Una giustizia inefficiente poi costituisce una sicura spinta verso la conciliazione, ma ciò non costituisce uno stimolo sano, in quanto la parte “forte” in mediazione potrebbe essere soltanto quella che ritenendosi soccombente nell’eventuale futuro giudizio e non temendo tale remota soccombenza proverà ad “imporre” una soluzione transattiva a sé particolarmente vantaggiosa, adducendo proprio la lentezza processuale a suo sostegno.
L’efficienza del sistema processuale diviene così un obiettivo prioritario perché possano affermarsi nuove e diverse prospettive per la mediazione nella logica della cosiddetta multi-door couthhouse proposta nel 1976 dal professor Sander della Harvard Law School.

Per una mediazione delle controversie secondo proporzionalità

Remo Caponi
Professore ordinario di Diritto processuale civile, Università di Firenze
Avvocato

La promozione della mediazione finalizzata alla conciliazione non può essere indifferenziata e deve essere costantemente abbinata agli sforzi per migliorare l’efficienza della giustizia civile statale. Una valutazione secondo proporzionalità suggerisce di individuare alcune categorie di controversie che si prestano meglio di altre ad essere risolte attraverso la mediazione.
Una prima categoria è quella in cui le parti sono inserite in un gruppo o intrattengono una durevole relazione sociale o economica. Il processo civile, con la sua isolata ricerca di un torto e di una ragione nel passato, spesso determina una frattura insanabile, mentre la conciliazione si presta forse in modo migliore ad allargare la prospettiva e a preservare le relazioni future tra le parti, secondo la suggestiva prospettiva della giustizia coesistenziale, già intuita dal codice civile nel 1942 (art. 1965, 2° comma, c.c.).
La seconda categoria è quella delle controversie di modico valore, come sono spesso quelle in cui è protagonista un consumatore o un utente di un pubblico servizio. In tal caso, i tempi medi di svolgimento del processo civile, congiunti ai costi immediati della difesa tecnica, non sono compensati dai benefici del provvedimento giurisdizionale favorevole al consumatore, che pertanto è indotto spesso a rinunciare ai propri diritti.
Tuttavia se le controversie hanno un carattere seriale il discorso è diverso. Una valutazione secondo proporzionalità consente di ritenere che la risoluzione più efficiente di queste ultime non è data tanto dalla possibilità di trarle ad oggetto di un tentativo individuale di conciliazione amministrata, quanto dalla introduzione di un’azione collettiva risarcitoria (class action) o - quanto meno - di strumenti di conciliazione collettiva.
In caso di danni di massa per i soggetti lesi coinvolti, ma di entità così lieve che non vale la pena di dedurli in giudizio isolatamente, e nemmeno di porli a fondamento di un’istanza di conciliazione individuale, l’aggregazione processuale delle pretese individuali ad opera di un rappresentante, come previsto dall’art. 140-bis c. cons., abbatte in misura maggiore i costi di tempo e di denaro per far valere le singole pretese rispetto al ricorso agli strumenti di conciliazione. La class action costituisce quindi l’elemento fondamentale di una risposta giudiziaria tesa a rimuovere le ragioni della rinuncia dei consumatori e degli utenti.
In secondo luogo, la class action organizza una reazione compatta dei consumatori nei confronti dell’illecito plurioffensivo dell’impresa. Essa esprime quindi un’efficacia di deterrenza nei confronti di quest’ultima che la reazione «alla spicciolata» dei consumatori dinanzi agli organismi di conciliazione certamente non può avere.
In terzo luogo, la class action funziona un poco come «un aspirapolvere» nei confronti degli strumenti di conciliazione, liberandoli dal pulviscolo delle controversie seriali di modico valore (in cui può avere spazio solo un negoziato posizionale su vasta scala), liberando risorse per i tentativi di conciliazione non seriali, ovvero per i tentativi di conciliazione collettivi dopo la promozione dell’azione di classe (art. 15), e valorizzando così la competenza professionale e l’opera del conciliatore.
In altri termini, l’introduzione della class action costituisce un elemento fondamentale di una strategia tesa al miglioramento delle condizioni della giustizia civile nel settore delle controversie dei consumatori, diretta quindi ad evitare che i metodi alternativi di composizione delle controversie si trasformino in un modo per svendere una risposta ad una domanda di giustizia frustrata dall’indisponibilità di un’alternativa efficiente dinanzi alla giustizia civile statale.

 



Download PDF
Costozero: scarica la rivista in formato .pdf
Maggio - 2.120 Mb
 

Cheap oakleys sunglassesReplica Watcheswholesale soccer jerseyswholesale jerseysnike free 3.0nike free runautocadtrx suspension trainingbuy backlinks
Direzione e Redazione: Assindustria Salerno Service s.r.l.
Via Madonna di Fatima 194 - 84129 Salerno - Tel. (++39) 089.335408 - Fax (++39) 089.5223007
Partita Iva 03971170653 - redazione@costozero.it