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  Dicembre 2012

Articoli n° 10
DICEMBRE 2009
 


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Casistica tipica del diritto di accesso agli atti

Cosa rischia il lavoratore infedele


Cosa rischia
il lavoratore infedele


Per il dipendente che viola doveri fondamentali può scattare addirittura il licenziamento

Massimo Ambron
Avvocato
massimo.ambron@libero.it

Interessante sentenza della Corte di Cassazione, che concorda con i colleghi di primo e secondo grado, conferma la legittimità del licenziamento comminato al lavoratore condannandolo anche al pagamento delle spese processuali.
Interviene ancora la S.C. sezione lavoro, con la n. 18169 dell’agosto 2009 in tema di censurabili e gravi comportamenti posti in essere dal lavoratore, il quale, violando i doveri fondamentali che sono alla base del corretto rapporto di lavoro, incorre in provvedimenti di tipo espulsivo, perdendo il prezioso bene del lavoro.
Il fatto
Un impiegato con mansione di assistente al direttore degli acquisti, addetto al controllo delle attività delle piccole ditte incaricate di lavorazioni per conto della società di cui era dipendente, aveva fornito ad altra società - concorrenti di più piccole dimensioni del suo datore di lavoro - informazioni delicate e riservate relative a contenitori per mangimi fabbricati dallo stesso datore di lavoro. Le notizie rese erano di tipo tecnico e contabile e la società concorrente era stata così messa nelle condizioni di potere da sola provvedere alla produzione, commercializzazione degli astucci, attività che aveva avviato con il contributo dell’infedele dipendente, come dimostrato anche dagli atti processuali.
Tale comportamento aveva comportato il licenziamento del dipendente per violazione dell’obbligo di fedeltà sancito dall’art. 2105 cc.. Il ricorso presentato davanti al Tribunale fu rigettato; analoga sorte ebbe il ricorso in Appello. Purtroppo per il lavoratore, anche il ricorso per Cassazione ha avuto analoga sorte in relazione alle censure di diritto e di merito. Infatti, la Corte di Cassazione con la sentenza sopra richiamata ha confermato il principio secondo cui i comportamenti del lavoratore che si concretizzino in gravi violazioni dei doveri fondamentali del dipendente possono essere sanzionati con il licenziamento, anche se non previsto specificamente dal regolamento disciplinare ed anche se il codice disciplinare non è affisso, purchè vengano osservate le garanzie previste all’art. 7 della legge 300/70, come avvenuto nel caso prospettato. La Cassazione con la sentenza di rigetto del ricorso conferma il principio generale in tema di obbligo di fedeltà secondo cui: «in tema di licenziamento per giusta causa occorre che la mancanza del lavoratore sia tanto grave da giustificare l’irrogazione della sanzione espulsiva e pertanto il comportamento del lavoratore va valutato non solo nel suo contenuto oggettivo (natura e qualità del rapporto, vincoli che esso comporta, grado di affidamento che si richiede in relazione alle mansioni espletate), ma anche nella sua portata soggettiva, con riferimento alle particolari circostanze e condizioni in cui è stato posto in essere, ai modi, ai suoi effetti ed alla intensità dell’elemento psicologico dell’agente»: Cassazione n. 3065.
Utile è anche ricordare altra sentenza della S.C. n. 2474 sempre nello specifico tema dell’obbligo di fedeltà, che sancisce «in tema di violazione dell’obbligo di fedeltà il lavoratore deve astenersi dal porre in essere non solo comportamenti espressamente vietati dall’art. 2105 c.c., ma anche da qualsiasi altra condotta che, per sua natura e per le possibili conseguenze, risulti in contrasto con i divieti connessi all’inserimento del dipendente nella struttura aziendale e nell’organizzazione dell’impresa, ivi compresa la mera preordinazione di attività contraria agli interessi del datore di lavoro, potenzialmente produttiva di danno».
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