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Agosto / Settembre 2007
 


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Quando l’Ente pubblico cerca casa

Risarcimento del danno al lavoratore

La conciliazione amministrata dalle CCIAA

“Pregiudiziale amministrativa” e risarcimento del danno



“Pregiudiziale amministrativa”
e risarcimento del danno

Giovanni Maria di Lieto
Avvocato Amministrativista

Più argomenti inducono a ritenere non praticabile, nel nostro ordinamento, la via del risarcimento diretto

L'art. 7 della L. n. 205/2000, norma di diritto processuale, detta la nuova disciplina del risarcimento del danno nei confronti della P.A., attribuendo al Giudice amministrativo la tutela risarcitoria non solo nelle materie di giurisdizione esclusiva, ma anche nella generale giurisdizione di legittimità. Si tratta di stabilire se al danneggiato incombe l'onere - per potere pretendere il ristoro dei danni subiti - di conseguire previamente l'annullamento del provvedimento lesivo della situazione giuridica di interesse legittimo (rectius: la pronuncia di illegittimità dell'atto o comportamento della P.A.).
Più argomenti inducono a ritenere non praticabile, nel nostro ordinamento, la via del risarcimento diretto. Esaminiamoli in dettaglio.
Il co. 4 dell'art. 7 della L. n. 205/2000 riconduce il risarcimento dei danni, la cui tutela è devoluta al G.A., nell'ambito dei «diritti patrimoniali consequenziali», che assumono rilevanza in seguito all'annullamento dell'atto amministrativo.
Il co. 5 dell'art. 7 cit. abroga espressamente le disposizioni che prevedono la devoluzione al G.O. delle controversie sul risarcimento del danno «conseguente all'annullamento di atti amministrativi». Il legislatore, sul presupposto che la verifica della illegittimità dell'atto è condizione necessaria per accertare l'illiceità della condotta della P.A. (cfr. Cass., SS.UU., n. 500/99), stabilisce che il G.A., nell'interezza della sua giurisdizione, conosce “anche” delle questioni relative all'eventuale risarcimento del danno.
Secondo la lettera della norma, la questione risarcitoria è conoscibile dal G.A. in aggiunta ad un'altra, che è quella ordinaria di annullamento dell'atto amministrativo.
Il legislatore, inserendo l'azione di risarcimento nel quadro del “sistema” della giurisdizione amministrativa, implicitamente conferma i principi caratterizzanti il giudizio amministrativo, che tende naturaliter alla rilevazione della illegittimità (di atti o comportamenti della P.A.) e non all'accertamento - in via primaria - della fondatezza della pretesa sostanziale dell'agente.
Invero, la pregiudiziale di annullamento trova fondamento nella natura stessa dell'interesse legittimo, che trova fisiologicamente tutela in congegni ripristinatori (e non risarcitori).
Lo svolgimento della tutela giurisdizionale amministrativa prende inizio dall'annullamento e, attraverso l'effetto conformativo, tende a realizzare la tutela sostanziale della posizione soggettiva lesa (priorità logico-giuridica della restitutio in integrum insita nell'annullamento).
Del resto, in tutte le forme di tutela è sempre primaria quella in forma specifica ed al risarcimento spetta colmare quanto la reintegra non è in grado di realizzare.
L'annullamento dell'atto amministrativo costituisce la necessaria premessa della tutela aquiliana, che costituisce un'appendice dell'effetto ripristinatorio reale prodotto dalla pronuncia di annullamento. Il risarcimento del danno non può quindi che assumere un ruolo successivo, sussidiario e residuale rispetto all'annullamento, la domanda essendo ammissibile se ed in quanto il rimedio ripristinatorio non abbia permesso al ricorrente di conseguire un risultato satisfattivo.
La reintegra, costituita dalla pronuncia di annullamento, ha la capacità di soddisfare la maggior parte del danno, mentre il risarcimento sarà limitato alla differenza, normalmente consistente nei danni che si sono prodotti medio tempore (con l'accoglimento del ricorso da parte del G.A., l'interessato ottiene la restituzione in forma specifica della posizione giuridica lesa, con conseguente preclusione del formarsi di danni risarcibili non legati al ritardo ed alle spese medio tempore sostenute).

La necessità giuridica che l'assetto di interessi definito dal provvedimento venga previamente contestato dal ricorrente attraverso l'azione di annullamento si impone, in questa ottica, al fine di evitare che il danno assuma dimensione esorbitante, diversa essendo l'entità del danno per i soli effetti prodotti dall'atto medio tempore, rispetto al maggior danno di un atto non impugnato ed efficace. Per il danneggiato potrebbe, addirittura, essere “conveniente” agire esclusivamente in sede risarcitoria e disinteressarsi della proposizione del giudizio di annullamento. Senza che la mancata proposizione del ricorso per l'annullamento configuri concorso di colpa del creditore ai sensi dell'art. 1227 c.c. che, pur non escludendo l'onere da parte del debitore di tenere comportamenti attivi, non può essere interpretato fino ad imporre comportamenti connotati da un consistente sacrificio, quale deve ritenersi la proposizione di rimedi giurisdizionali idonei a ridurre o escludere il danno. Altro argomento a favore della necessaria pregiudizialità dell'annullamento deriva dalla esigenza di certezza nell'azione amministrativa, che ha indotto il legislatore a stabilire la regola della decadenza nella impugnazione degli atti amministrativi.
L'azione di responsabilità, sottoposta alla regola della prescrizione, potrebbe essere promossa nell'ipotesi in cui l'atto amministrativo è divenuto inoppugnabile per avvenuta decadenza. Con la conseguenza che la P.A., ad evitare il risarcimento “per equivalente”, verrebbe sottoposta ad una notevole pressione verso l'annullamento d'ufficio del provvedimento.
Sembra pertanto corretto argomentare che il G.A. - fatte salve le vertenze inerenti a materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva - possa pronunciarsi su richieste di risarcimento del danno nelle ipotesi in cui esse siano “conseguenziali” all'annullamento dell'atto lesivo.
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