Proviamo a fare il punto
su di un tema molto dibattuto Alcune recenti sentenze della Cassazione civile, 9514, 10840 e 11278 dell'aprile/maggio 2007, ci offrono l'opportunità per fare il punto sul dibattuto tema del risarcimento del danno al lavoratore. In particolare il dibattito si incentra sulle componenti non patrimoniali del pregiudizio (biologico, morale, esistenziale, alla professionalità), che vede contrapposte due vere e proprie fazioni, definite ironicamente dalla dottrina: dei cosiddetti esistenzialisti e dei cosiddetti antiesistenzialisti. Entrambe le fazioni hanno trovato, attraverso opposta interpretazione, linfa di discussione dalla pronunzia delle SS.UU. del 2006 n. 6572 nella quale, in tema di onere della prova da demansionamento, si è asserito che dall'inadempimento datoriale «può nascere astrattamente una pluralità di conseguenze lesive per il lavoratore: danno professionale, danno all'integrità psicofisica o danno biologico, danno all'immagine o alla vita di relazione, sintetizzati nella locuzione danno c.d. esistenziale, che possono anche coesistere l'una con l'altra». Ebbene è sull'autonomia giuridica e concettuale della figura del danno esistenziale che si incentra il dibattito: da un lato la sopra citata sent. 9514/07 pone in discussione tale autonomia laddove, in presenza di danno biologico accertato, questo assorbe anche il danno esistenziale. Dall'altro lato, invece, la sentenza 11278/07 conferma pienamente l'orientamento delle sezioni unite, distinguendo il danno esistenziale dal danno morale soggettivo. Tale esigenza di autonomia è particolarmente avvertita nel diritto del lavoro in materia di infortuni laddove l'evento lesivo può pregiudicare per sempre la dinamica fisiologica delle relazioni interpersonali compromettendo irreparabilmente la capacità in tal senso del danneggiato. In tema, poi, di danno alla professionalità, la terza sentenza del 2007, n. 10840, riconosce la doverosità del risarcimento del danno da cosiddetta perdita di chance quando sia congruamente provato dal lavoratore, su cui incombe l'onere, sia la concreta perdita di possibilità di guadagno che di carriera. Proprio il susseguirsi di pronunzie e orientamenti della S.C. in tema, ha generato, il 19 giugno scorso, un incontro-dibattito, cui ho assistito, svoltosi a Roma presso l'Auditorium della Cassa Forense organizzato dal Centro Studi D. Napoletano di Roma, nel quale sono intervenuti tra gli altri gli illustri M. Persiani e G. Vallebona. Quest'ultimo ha segnalato il pericolo di duplicazione e sovrapposizione delle voci di danno soprattutto quello esistenziale (con conseguenti ingiustificati maggiori costi per le aziende, aggiunge chi scrive) e quindi ha concluso per la necessità di un intervento legislativo, oltre che per un sempre attento vaglio della dottrina. Sarebbe interessante, ed il sottoscritto cercherà di farsene promotore, un incontro sul tema anche nella nostra provincia, dove da sempre fiorisce autorevole dibattito dottrinale e giurisprudenziale nel diritto del lavoro.
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