Il caso dei servizi
socio-sanitari in Campania
di Mariano Votta
Ufficio Stampa Cittadinanzattiva
m.votta@cittadinanzattiva.it
Ancora lontana la piena attuazione
della Legge 328/2000
In Campania, in tema di servizi sociali in appalto, al diminuire delle risorse economiche dedicate (da 63 a 47 dal 2003 al 2005), cresce la relativa offerta di servizi sociali (+23% l'incremento di bandi di gara nello stesso periodo), con rischi per la qualità dei servizi erogati (le gare aggiudicate al prezzo più basso, benché poche, sono raddoppiate nel 2005 rispetto al 2004, passando da 11 a 23), ritardi nello sviluppo di alcune azioni (residuali, ad esempio, i bandi di gara in tema di lotta alla legalità) e una conferma: è ancora elevato il numero di Comuni che non abbandona l'isolamento. Su 267 gare di appalto indette nel 2005, ben il 60% ha visto quale centrale appaltante una singola amministrazione comunale, a dimostrazione di un ritardo strutturale nella piena attuazione della 328/2000 per quanto riguarda una piena integrazione di servizi e interventi.
Questi tra i principali dati emersi dallo studio realizzato in Campania da Sannio Europa e Cittadinanzattiva nell'ambito del progetto “Cultura dei Diritti per Strategie di Qualità Sociale” finanziato dal programma comunitario Equal, del quale si anticipano i contenuti salienti della relativa pubblicazione “Sviluppo del sistema dei servizi e qualità sociale. Riflessioni sul caso Campania”, attualmente in corso di stampa.
Analizzati 780 bandi di gara (261 relativi al 2003, 252 al 2004 e 267 al 2005) al fine di individuare la corrispondenza o meno tra quanto disposto a livello nazionale e regionale in tema di affidamento dei servizi alla persona, e quanto effettivamente viene posto in essere dalle centrali appaltanti.
Nell'analisi dei bandi di gara 2004/05 indetti in tema di servizi sociali, emerge il forte aumento di azioni a favore degli anziani (+77% rispetto al 2004) a fronte di una flessione soprattutto per i progetti ascrivibili a più aree (-47%, e comunque pochi in valori assoluti), a testimonianza di come sia ancora lontana la piena attuazione della citata L. 328/00, la legge quadro in tema di politiche sociali. In tema di criteri di aggiudicazione delle gare, prevale nettamente l'offerta economicamente più vantaggiosa (+11% nel 2005 rispetto al 2004), in linea con l'art. 4 del Dpcm del 30 marzo 2001, così come per le procedure di aggiudicazione prescelte si privilegia il pubblico incanto, che fa registrare nel 2005 un significativo incremento: +11,8% rispetto al 2004. Rare le altre procedure, e anche questo elemento sottolinea come si sia lontani da quanto auspicato nella Delibera Regionale n°1079 del 15 marzo 2002 che invita le amministrazioni comunali ad utilizzare preferibilmente forme negoziali, meno rigide dell'asta pubblica, quali la licitazione, la trattativa privata e l'appalto concorso.
La situazione non migliora di molto se si analizzano i reali spazi di partecipazione civica dei soggetti del terzo settore, dell'utenza e delle loro associazioni di tutela, come auspicato dall'art. 1 del citato Dpcm 30 marzo 2001.
Infatti, pur essendo stata la Campania tra le prime regioni a regolamentare l'apporto del volontariato nella progettazione e gestione dei servizi alla persona con la citata Delibera del 2002, dalle pieghe dei capitolati di appalto analizzati ne emerge come ci sia al massimo (e solo in alcuni casi) una apertura di principio alla partecipazione di organismi di volontariato. In particolare:
- in tema di modalità di monitoraggio e valutazione delle caratteristiche tecniche del servizio, solo nell'8% dei casi si richiede un coinvolgimento dell'utenza;
- in nessun caso si parla esplicitamente di spazi di partecipazione civica per l'utenza e di promozione di forme di cittadinanza attiva, svilendo di fatto lo spirito della 328/00 e non dando seguito a quanto affermato nella premessa della citata Delibera Regionale.
Inoltre, l'approfondimento sui capitolati rileva che i punteggi sui quali vengono valutate le offerte in gara non sempre rispecchiano lo schema della Regione per quel che riguarda i pesi percentuali da attribuire ai tre macro-indicatori (la qualità economica dovrebbe pesare tra il 12 e il 42%; qualità organizzativa: 16-46%; qualità del servizio: 42-72%) anche se alla qualità del servizio - così come riscontrata nei capitolati osservati - viene sempre riconosciuto un punteggio mai inferiore alla qualità economica, in linea con la Delibera Regionale n°1079/02.
Anche da questi esempi si evince come la proclamata centralità del ruolo degli utenti rimanga nei fatti disattesa.
Proprio sul versante della partecipazione civica negli appalti di servizi, Cittadinanzattiva ha avviato da anni, con il mondo cooperativo, iniziative di sperimentazione concreta su accessibilità e qualità dei servizi gestiti in appalto, al fine di verificare la possibilità di fare del cittadino un soggetto attivo nella regolazione tra istituzioni e imprese.
La proposta che Cittadinanzattiva avanza a centrali appaltanti e gestori di servizi in Campania riguarda proprio il controllo civico degli appalti di servizi e forniture. La filosofia di fondo è che solo l'esercizio della vigilanza sull'operato dei poteri pubblici da parte dei cittadini fornisce la garanzia che i diritti siano tutelati e che la corruzione non attecchisca.
L'intento, dunque, è quello di estendere al massimo il grado di partecipazione dei cittadini, dal momento della valutazione del fabbisogno di servizi, alla loro configurazione, al momento del controllo sulla esecuzione delle prestazioni messe in appalto. E proprio su questo fronte si colgono segnali positivi da alcuni Ambiti Territoriali (l'Ambito Territoriale Napoli 1 e, nel beneventano, l'Ambito B3), dove sembrano istituirsi effettivi spazi di confronto e dialogo aperti anche alle istanze degli utenti e di chi ne tutela i diritti.
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