|
ALBERTO GARATTI
Direttore Irisbus - francabove@irisbus.com
Giovane, brillante, qualificato, con alle spalle un'esperienza di quasi dieci anni nel gruppo imprenditoriale Iveco. Da poche settimane è il nuovo direttore dello
stabilimento di Flumeri. L'ingegnere Alberto Garatti è il referente più autorevole per conoscere la realtà della vita in azienda, per trovare una conferma o una smentita a quell'immagine di
fabbrica "sporca e fumosa", tanto disprezzata dai giovani del Nord. La testimonianza del neodirettore dell'Irisbus si rivela importante per ristabilire il quadro della situazione dopo le
polemiche suscitate dall'articolo del Corriere della Sera.
Alberto Garatti viene proprio dal Nord, è originario di Brescia, ha lavorato per diversi anni nello stabilimento Iveco della sua città, spostandosi poi a Torino, dove ha ampliato il bagaglio
delle sue competenze.
Direttore, la tuta blu è all'ultimo posto tra i sogni dei ragazzi del Nord. Ma è davvero tanto brutto lavorare in fabbrica?
Posso affermare con sincerità e convinzione che l'attività all'interno degli stabilimenti non è affatto insostenibile, né indecorosa. Anzi, offre stabilità e soprattutto oggi, grazie alle
moderne tecnologie, anche l'occasione per acquisire competenze nuove. Non è un lavoro in miniera. Al Nord molti giovani probabilmente non conoscono neanche il contesto di uno stabilimento
industriale e restano ancorati ad immagini non rispondenti alla realtà, che è fatta di progresso, automatismi, impianti altamente tecnologizzati, dove ognuno utilizza quotidianamente non solo le
braccia, ma anche e soprattutto intelligenza, competenza e professionalità.
Quali differenze, sulla base della sua personale esperienza, ha riscontrato tra la realtà industriale del Nord e quella del Sud?
Devo dire innanzitutto che quando si parla di alcuni vantaggi competitivi che il Mezzogiorno presenta, si dice la verità. Io stesso ho riscontrato con stupore l'eccellente qualità delle risorse
umane. Qui la manodopera è qualificata, il personale è specializzato e i giovani hanno un elevato grado di istruzione. Ma c'è un altro fattore che mi ha positivamente meravigliato. Tutti i
dipendenti lavorano con un grande senso di appartenenza al gruppo. Dimostrano fierezza e orgoglio, consapevoli di contribuire al raggiungimento di determinati obiettivi aziendali. Al Nord invece
uno dei timori espressi dai giovani è di divenire un piccolo ingranaggio in un processo produttivo incontrollabile. Ma non è così. Il contributo professionale di ogni dipendente è prezioso.
Questi elementi sono anche i segnali di un cambiamento che avverrà a breve nell'azienda.
A cosa si riferisce? Quali novità si profilano?
Siamo in una fase nuova, di transizione. Viene definita "gestione del cambiamento", nel senso che si prevedono variazioni nell'organizzazione dello stabilimento. Il nostro obiettivo è di
realizzare una sorta di "gestione partecipata", in cui ognuno potrà sentirsi protagonista del progetto del gruppo. Sono convinto che i benefici saranno notevoli, anche nel modo di lavorare, nel
clima che si respirerà in fabbrica.
Secondo lei perché i giovani sono attratti dal settore del terziario?
Sono tanti i motivi. Spesso si tratta di diffidenza o di scarsa conoscenza delle imprese. Conosco ragazzi che hanno scelto strade precarie pur di operare nel terziario, rifuggendo a priori
tutto quello che era legato al settore metalmeccanico. Sono scelte personali, ma nella maggior parte dei casi dettate da pregiudizi. Oggi quella dell’operaio è una professione che offre
sicurezza, gratificazioni e possibilità di conoscere tecniche innovative. Lo hanno capito al Sud, dove sono numerosissime le richieste di assunzione. Anzi il sogno dei giovani è entrare a far
parte di un'azienda. Ma bisogna anche ammettere che qui la gamma delle possibilità è estremamente ridotta. Il fenomeno della disoccupazione è una vera e propria piaga.
Uno degli elementi attrattivi del territorio secondo il Presidente Giovanni Lettieri, è rappresentato dalla correttezza dei rapporti sindacali. Condivide questa valutazione?
Certo, ma più di me può confermarlo il responsabile delle risorse umane, Christian Vasino, che da tempo opera nello stabilimento a contatto con le rappresentanze sindacali unitarie. Il clima
è sereno, il confronto vivace, sempre improntato alla correttezza e alla concretezza. Entrambi siamo certi che anche nel futuro si opererà sinergicamente e che il sindacato saprà cogliere
l'importanza dei cambiamenti che investiranno sotto il profilo organizzativo lo stabilimento Iveco di Flumeri. Condivido, dunque, le dichiarazioni di Lettieri. Questi fattori contribuiscono
certamente ad attrarre nuovi investimenti. Un imprenditore deve tener conto di quanto un clima positivo con le rappresentanze sindacali dei lavoratori, influisca sul successo di un'iniziativa
industriale.
Come valuta lo stato delle infrastrutture e i servizi nel nucleo industriale? Quali interventi occorrono?
Devo ammettere che ritenevo di trovarmi di fronte a situazioni diverse, ben peggiori rispetto all'attuale stato delle infrastrutture che, a mio parere, è buono e garantisce un andamento
regolare della produttività. È chiaro che si possono programmare interventi migliorativi, anzi ritengo che debba essere un obiettivo delle istituzioni e degli enti di servizio. Vanno create, per
le imprese, tutte le condizioni necessarie affinché possano essere garantiti livelli sempre più alti di produzione. L'ampliamento dei mercati di sbocco, peraltro, viene facilitato proprio da
collegamenti comodi e scorrevoli e da un'agevole viabilità. Sono fattori determinanti anche nella scelta di un territorio dove insediare una nuova attività.
Cosa dire ai giovani del Nord che disprezzano le fabbriche e agli imprenditori che non superano determinati pregiudizi rispetto all'industrializzazione del Mezzogiorno?
Ai ragazzi posso soltanto rivolgere un appello. Invitarli a visitare un'azienda che fa parte di un gruppo solido e affermato sui mercati nazionali e internazionali. Sono convinto che
resterebbero stupiti di fronte alla tecnologia degli impianti, ai macchinari innovativi e cambierebbero immediatamente idea. La fabbrica di oggi è un "gioiello" di modernità e innovazione. Per
quanto riguarda gli imprenditori condivido l'appello di Lettieri e il suo invito a conoscere l'Irpinia. Il progetto annunciato dal Presidente dell'Unione degli Industriali di Avellino di
coinvolgere anche Antonio D'Amato in un'iniziativa che diffonda l'immagine della provincia, con le sue risorse e potenzialità, è un passo concreto che può segnare la svolta. È sufficiente che
qualche imprenditore conoscendo e apprezzando le ricchezze del territorio, decida di investire in Irpinia con un progetto valido e concreto. Sarebbe soltanto l'inizio. In breve tempo il
coinvolgimento diventerebbe sempre più ampio con risultati eccezionali sotto il profilo produttivo ed occupazionale. Senza trascurare i benefici derivanti dall'indotto.
In conclusione ritiene che il sistema imprenditoriale irpino possa crescere, affermarsi su nuovi mercati e diventare sempre più competitivo?
Ne sono pienamente convinto. Occorre uno sforzo da parte di tutti, delle forze imprenditoriali, istituzionali, politiche. Sono necessari interventi concreti finalizzati a diffondere e
valorizzare le potenzialità offerte dai territori meridionali. Mi riferisco a pianificazioni strategiche concrete, a disegni programmatici basati su meccanismi incentivanti. La presenza di
consolidati gruppi industriali, affermati anche sui mercati internazionali, è già la prova della grandi risorse che esistono sul territorio e che meritano di essere valorizzate. torna su |