1) LA cultura del cambiamento
centralità delle imprese
2) AL NORD LO SPETTRO DEL LAVORO IN FABBRICA
AL SUD IL SOGNO È L’AZIENDA
3) LA FORZA DEGLI INVESTIMENTI AL SUD
NUMEROSI I VANTAGGI COMPETITIVI
4) NUOVE TECNOLOGIE IN FABBRICA
IMPIANTI ULTRA MODERNI PER LE TUTE BLU
5) LA CHIESA IN CAMPO PER LO SVILUPPO
ISTITUITO UN “TAVOLO DEL LAVORO”
 

 

LA CULTURA DEL CAMBIAMENTO
CENTRALITÀ DELLE IMPRESE
Due gli ostacoli da superare: burocrazia e arretratezza delle strutture pubbliche
di Filomena Labruna  

 

CARMEN VERDEROSA
Presidente Giovani Imprenditori Unione Industriali Avellino - gruppogiovani@confindustria.avellino.it

Secondo le recenti indagini macroeconomiche presentate in Confindustria, il Pil italiano si è contratto nei primi mesi del 2003. Quali gli interventi necessari?
Per incrementare il Prodotto Interno Lordo è indispensabile predisporre un sistema di regole moderno e innovativo. Le riforme strutturali, di cui tanto si parla, non sono soltanto un'esigenza per il Paese, ma una necessità improrogabile. Gli interventi devono essere finalizzati ad attuare una seria politica di sostegno alle imprese, non più basata sugli incentivi, ma molto più radicale, che preveda supporti tecnologici, strutturali. Ritengo che siano due gli ostacoli "frenanti" rispetto al Pil: la burocrazia che, con i suoi tempi lunghissimi e le sue procedure macchinose, blocca il sistema produttivo e l'arretratezza di una struttura pubblica che deve essere riammodernata, adeguata ai mutati contesti territoriali e alle esigenze di mercati sempre più competitivi.
Anche i dati relativi agli investimenti e all'export non risultano incoraggianti. Ci sono strade percorribili per recuperare il terreno perso?
Certo, credo che bisogna sempre guardare avanti con fiducia e ottimismo. Il percorso giusto da seguire è di puntare sulle eccellenze, sulla qualità dei prodotti e sulle innovazioni dei processi. Non si può reggere la concorrenza con Paesi, soprattutto quelli dell'Estremo Oriente, che riescono ad immettere prodotti sul mercato a prezzi stracciati, tagliando i costi del lavoro o risparmiando sulle materie prime. Anche in questo caso è necessario un sistema di regole che fissi dei criteri rigorosi per fare in modo che gli scambi commerciali avvengano all'insegna della correttezza e della trasparenza. Non si può negare, inoltre, che la forza dell'euro sui mercati valutari è diventata un ulteriore freno all'export.
La creazione dell'area di libero scambio euromediterranea quanto può giovare al nostro Paese?
Rappresenta un'opportunità per il Mezzogiorno che ha nella centralità territoriale la sua carta vincente. Un dato significativo che ho espresso anche nel corso del convegno svoltosi il 29 settembre presso la sede di via Palatucci alla presenza di autorevoli esponenti politici e sindacali. L'Irpinia in particolare si trova in una posizione baricentrica rispetto al Tirreno e all'Adriatico. Questo dovrebbe indurre a riflettere sull'importanza degli investimenti nel settore dei trasporti e della viabilità.
Cosa pensa dell'attuale modello industriale italiano?
Non credo che esso debba essere ridiscusso o ridisegnato, sebbene economisti internazionali abbiano espresso un giudizio negativo soprattutto per l'estrema frammentarietà del sistema produttivo e per le dimensioni ridotte delle aziende. Ritengo piuttosto che debbano essere riviste le regole, il funzionamento. Mi riferisco ai lacci e ai lacciuoli della burocrazia, ai tempi farraginosi per concludere una procedura. Bisogna sostenere la cultura del cambiamento, cominciando dal recupero della centralità del ruolo dell'impresa che produce reddito e benessere e deve essere considerata motore di sviluppo di un territorio.

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