|
La
realizzazione di opere pubbliche in regime di concessione con determinante
finanziamento privato è all'ordine del giorno, specialmente nell'attuale
contesto economico, e la riforma Lunardi alla legge Merloni ha dato al
promotore quello che sembra un asso nella manica: un "last call", il
diritto ad aggiudicarsi la concessione facendo propria l'offerta finale
giudicata migliore dall'Amministrazione.
Nell'impostazione originaria si distinguevano tre fasi: nella prima, un
promotore formulava la propria proposta all'Amministrazione, la quale, se
riteneva di accoglierla, la poneva a base di una pubblica gara per
individuare uno o due concorrenti da porre nella terza fase a confronto
con il promotore, attraverso una negoziazione tendente ad ottenere
ulteriori miglioramenti in favore dell'Amministrazione. Oggi, i due
periodi finali aggiunti all'art. 37 ter della Merloni stabiliscono che
«Nella procedura negoziata di cui all'art. 37 quater il promotore potrà
adeguare la propria proposta a quella giudicata dall'Amministrazione più
conveniente. In questo caso, il promotore risulterà aggiudicatario della
concessione». La rilevanza della novità è evidente: ai concorrenti del
promotore non basterà più, per conseguire l'aggiudicazione, offrire le
migliori condizioni all'Amministrazione, ma dovranno ancora cercare di
spingersi fino al punto, per così dire, di "non convenienza" per il
promotore. Un gioco estremamente pericoloso, considerando che di per sé
questo tipo di concessioni già comporta una notevole dose di rischio in
corso di esecuzione dei lavori e di gestione dei servizi (non a caso,
anche se per altre finalità, lo stesso art. 37 sexies della legge al comma
2 evidenzia "l'elevato grado di rischio").
In questo senso, dunque, è corretto dire che la fase di negoziazione tra
il promotore e i suoi concorrenti perde una parte significativa della sua
rilevanza, ponendo il promotore in una situazione privilegiata.
Ma val la pena di fare un passo ulteriore nel ragionamento. Se la
negoziazione finale che conduce all'aggiudicazione diventa così meno
competitiva, e se d'altra parte la precedente fase di gara, finalizzata a
scegliere soltanto i concorrenti del promotore, non costituisce
l'effettivo momento concorrenziale che porta all'affidamento della
concessione, ne viene la considerazione che si accresce notevolmente
l'importanza della prima fase dell'intero iter, quella in cui si sceglie
il promotore.
Le imprese interessate a realizzare opere pubbliche in concessione con
propri capitali e a gestirle devono sin d'ora confrontarsi con il fatto
che la scelta strategica di non proporsi come promotori, ma di entrare in
gara nelle successive fasi, può risultare decisamente non pagante.
Segnali forti in tal senso, già prima della novità del "last call", sono
venuti da un crescente numero di casi in cui per la stessa scelta del
promotore si sono confrontate più imprese con le loro proposte. Segno
evidente che l'imprenditoria già coglieva l'importanza di assicurarsi la
posizione di promotore. E con la nuova previsione legislativa di forme di
pubblicità per la scelta del promotore il fenomeno dovrebbe incrementarsi.
Ciò comporta uno sbilanciamento a favore di questa prima fase non
indifferente, e premia l'imprenditoria capace di porsi fin dall'inizio con
una capacità propositiva e con una strategia complessiva, piuttosto che
con una mentalità ancora vicina allo schema del concorrente alla gara.
Perché - ed è questo un altro punto determinante - la scelta del promotore
avviene in forme non rigidamente tipizzate.
L'Amministrazione deve far proprio (anche introducendo varianti) uno dei
progetti proposti, con un margine di discrezionalità molto elevato e non
paragonabile a quello consentito nei vari sistemi di gara normalmente
seguiti. Anche nella fase finale di negoziazione ricorre un uso piuttosto
ampio del concetto di "flessibilità" della procedura, che però si scontra
con la necessità insopprimibile della trasparenza dei criteri di
valutazione.
è per questo che - anche per raccomandazione dell'Autorità di vigilanza
sui lavori pubblici - si fa ricorso a un modo di procedere per passi
progressivi. Si cerca cioè anzitutto di rendere omogenee le offerte a
confronto sotto tutti gli aspetti (progettuali, contrattuali,
disciplinari, di garanzie, ecc.) che non sono giudicabili in termini
strettamente quantitativi; tutto ciò attraverso l'acquisizione, in un
primo momento di negoziazione, di elaborati accettati da tutti i
concorrenti. Per poter poi procedere ad acquisire da loro offerte
migliorative facilmente confrontabili in termini numerici (prezzi,
tariffe, contributo finanziario richiesto all'Amministrazione). Molto è
affidato alla capacità di direzione delle Commissioni preposte, e molto
resta comunque a rischio di censura da parte dei concorrenti non
aggiudicatari. Più delicato ancora è il caso in cui non si raggiunga
l'unanimità sugli elaborati base, costringendo così l'Amministrazione ad
una valutazione di offerte diverse anche su aspetti non quantificabili
automaticamente, senza tuttavia che essa possa esimersi dal prendere
sempre in considerazione, sia pure con diversa pesatura, i vari profili
delle offerte concorrenti. Qui la flessibilità della procedura negoziata
si scontra con l'esigenza del chiarimento a priori dei criteri di
valutazione. La difficoltà di gestire una simile procedura e
l'insufficienza delle esperienze sin qui acquisite renderanno inevitabile
la richiesta di intervento giudiziario.
Ma, almeno in questo caso, dovrà essere considerato l'inevitabile scotto
che si paga alla novità, piuttosto che una patologia.
Tutto il sistema, che vede determinanti la prima fase di scelta del
promotore e l'ultima di negoziazione, richiede quindi la capacità di
interpretare al meglio le esigenze della pubblica amministrazione.
Le novità introdotte costituiscono comunque un interessante incentivo, a
patto che ci si attrezzi per confrontarsi con le specificità di questo
tipo di procedura. Diversamente, il sistema può rivelarsi addirittura
disincentivante. La stessa Autorità di vigilanza per i lavori pubblici ha
avuto modo di esprimere il timore che in particolare il "last call" possa
avere un effetto di disincentivo per i concorrenti (così nella sua
determinazione n. 27/2002). Ma, appunto, questo si supera con un diverso
approccio e con una più spiccata propositività nella fase iniziale.
Piuttosto, nell'immediato un elemento disincentivante può venire dalle
critiche mosse dalla Commissione europea a questa sorta di diritto di
prelazione del promotore, che è stata censurata come una indebita
limitazione della concorrenza. Almeno fino ad aprile (termine entro il
quale il Governo italiano dovrà offrire i propri chiarimenti) regnerà la
solita incertezza.
Ma intanto, per le concessioni in project financing per le quali si è già
avviata o conclusa la scelta del promotore, questi può giovarsi del "last
call"? Le opinioni sembrano convergere nel ritenere che esso si applica
alle procedure nelle quali il bando della gara per la scelta dei
concorrenti del promotore sia stato pubblicato dopo la novella legislativa
di Lunardi, cioè dopo lo scorso settembre.
In ogni caso, la tendenza che inevitabilmente si confermerà sarà quella
dell'importanza di proporsi fin dall'inizio come promotore, di dotarsi
quindi di una capacità propositiva e di una strategia complessiva, di non
attendere le fasi di gara ma prendere l'iniziativa della individuazione
degli spazi di proposta imprenditoriale.
torna su
|