1) ASSEMBLEA GENERALE DEI SOCI
LA RELAZIONE DEL PRESIDENTE
2) IULIANI CAVALIERE DEL LAVORO
LA NOMINA ARRIVA DA CIAMPI
3) LA COMPETITIVITÀ DELLE IMPRESE
SVILUPPO E CONCERTAZIONE AL SUD
4) IN CRESCITA CAMPANIA E IRPINIA
LE CIFRE POSITIVE DI BASSOLINO
5) DE MITA PUNTA SULLA FORMAZIONE
BISOGNA CREARE UN CENTRO DI QUALITÀ
 

 

ASSEMBLEA GENERALE DEI SOCI
LA RELAZIONE DEL PRESIDENTE
Il tema della competitività continua ad ispirare l’azione dell’Unione di Avellino
di Giovanni Lettieri Presidente Unione Industriali Avellino - presidenza@confindustria.avellino.it

 

La nostra relazione annuale si concentra sul tema della competitività dei territori, individuando i fattori endogeni ed esogeni dello sviluppo, riportando solo per cenni l'analisi e le valutazioni di carattere generale, punto nodale delle precedenti relazioni annuali. È nostra ferma convinzione che le strategie dell'impresa, volte ad accrescere l'efficienza del sistema aziendale, per meglio corrispondere ai sempre più alti livelli di concorrenza del mercato, sono fortemente condizionate dal contesto territoriale nel quale l'impresa opera.

Concorrenza, impresa, territorio
L'attenzione, quindi, è sulla capacità di fare impresa, sulle condizioni che ne determinano la competitività, ma in queste condizioni è entrato, con prepotente significatività, il contesto territoriale, nel quale le imprese producono e che oggi è, nel profondo mutamento delle regole del mercato, un fattore in grado di influenzarne e, perfino, determinarne il successo.
Il riferimento è alle aree sistema, a quella simbiosi tra l'impresa e il territorio, preannunciata da Marshall, come elemento vincente della competitività nei mercati sempre più ampi. Cogliere questi aspetti, significa anche ribaltare una convinzione propria del modo di fare impresa nel Mezzogiorno. Le nostre proposte e rivendicazioni, fino ad oggi, erano volte a recuperare quel gap negativo, da sempre esistente tra le nostre imprese e quelle ubicate al Nord dell'Italia, mediante una politica di incentivazione e di sostegno ma non perché ispirati dalla vecchia logica assistenziale, tutt'altro. Oggi le nostre aziende subiscono la concorrenza sia delle imprese che producono in aree a basso costo, sia di quelle che operano in contesti territoriali organizzati dai quali traggono elementi per rafforzare la propria capacità competitiva. Proprio perché il nostro obiettivo è quello di alzare la sfida e non giocare al ribasso chiediamo un rapporto positivo con il contesto territoriale per trarne reciproci vantaggi, sicuri come siamo che solo mediante l'impresa, il territorio può creare ricchezza e, solo attraverso le aziende si crea nuova occupazione. Quindi, l'attenzione focalizzata sui contesti territoriali è strategica per l'impresa e per il territorio. Queste nostre convinzioni, che nascono dai problemi che ogni giorno affrontiamo, le abbiamo proposte, come argomento di confronto, agli Attori locali, per concordare le ulteriori e necessarie azioni di consolidamento, di ampliamento e di integrazione dell'apparato produttivo esistente e, più in generale, per accrescere il tenore dell'economia provinciale.

Metodo proposto
Il metodo che abbiamo utilizzato è quello del più ampio coinvolgimento degli Attori istituzionali e sociali, riscontrando una forte convergenza con le Organizzazioni sindacali, insieme alle quali abbiamo costituito, su nostra proposta, il "Tavolo del governo delle azioni per lo sviluppo", il cui obiettivo è quello di annodare, attraverso il confronto con i Responsabili degli Enti e delle Istituzioni, i fili delle diverse competenze e porle al servizio di una visione condivisa dello sviluppo. Crediamo, infatti, che l'azione degli Attori locali possa essere più proficua e forte se annodata ad un filo conduttore che ne esalti le sinergie, altrimenti si corre il rischio di impantanare le competenze degli Attori locali nella inconcludente ricerca di equilibri o di equilibrismi, non solo di natura istituzionale, con gravi limitazioni per il territorio nell'esprimere le proprie potenzialità di sviluppo. Ne risulta perciò un'azione complessiva poco incisiva negli effetti prodotti. Vogliamo, invece, ricreare uno spirito di profonda collaborazione con gli Attori locali e le forze politiche. Vogliamo attestare un metodo, quello del coinvolgimento di tutti i responsabili istituzionali e delle rappresentanze politiche e sociali, che vada oltre la logica degli schieramenti e delle posizioni ideologiche, special modo quando si tratta di realizzare progetti che hanno una oggettiva valenza per lo sviluppo della provincia. Ci ispiriamo al metodo di relazione avviato e consolidato tra la nostra Associazione e la CGIL - CISL - UIL, il quale:
- ha prodotto accordi innovativi, come quello allegato, ad esempio, al Contratto d'Area di Avellino;
- non è stato mai interrotto, anche quando a livello nazionale è prevalso il conflitto sociale;
- è confermato nella sua efficacia dalle recenti iniziative di Confindustria e delle Segreterie nazionali di CGIL, CISL e UIL che stanno discutendo ed approntando una posizione comune sulla competitività del Paese che sarà presentata unitariamente al Governo nazionale.
Con il percorso avviato e con la costituzione del "Tavolo del governo delle responsabilità", vogliamo, inoltre, stabilire insieme, delle priorità da perseguire con le nostre azioni coordinate tra loro.

Gli obiettivi immediati
Il lavoro che stiamo svolgendo ci pone nella giusta condizione per candidare le aree della provincia di Avellino ai Contratti di localizzazione, e su questo aspetto, le consultazioni informali che abbiamo avuto con l'Assessorato regionale, dovranno trasformarsi in proposte ufficiali, condivise dalla Regione Campania.
I primi incontri del "Tavolo" con il Presidente della Provincia, e con la intera deputazione regionale irpina, sono alquanto incoraggianti. L'Assemblea vuole essere, quindi, anche una verifica del merito del lavoro che stiamo svolgendo, del metodo adottato e del percorso avviato, offrendo l'opportuno risalto al tema che abbiamo proposto, e dal confronto trarremo spunti e riflessioni, al fine di rendere più incisivo il nostro impegno. La presenza del Presidente Antonio Bassolino per noi è un ulteriore segno dell'impegno che vuole riservare allo sviluppo di questo territorio.

Trasformare le debolezze in opportunità
Sullo sfondo resta sempre la viva attenzione alla condizione di Avellino, provincia dell'Italia meridionale, di per sé piccola già nel contesto regionale, ma non per questo necessariamente posta al traino delle assorbenti realtà metropolitane o ai margini dei grandi processi di sviluppo. Tutt'altro.
Come è iscritto nella sua storia, fino a diventarne patrimonio genetico, si tratta di riscoprire, in contesti profondamente mutati nelle metodologie, nella soggettività e negli assetti competitivi, la grande capacità della provincia di trasformare il limite della piccola dimensione, in una opportunità di sperimentare nuovi percorsi di sviluppo, e porsi come realtà che è in grado di produrre azioni di vasto eco.
È nata così la prima industrializzazione della provincia, e lungo questa strada si è arricchita di nuove consapevolezze, fino a dotare il territorio della vocazione ad attrarre rilevanti investimenti, realizzati nella piena autonomia imprenditoriale. Sorge spontaneo il riferimento all’onorevole De Mita, che ringraziamo per la presenza alla nostra manifestazione annuale, e al processo di crescita che ha proposto e che ha guidato insieme ad una classe dirigente dagli indubbi meriti storici. Quell'impegno ha trasformato la provincia di Avellino, dotandola di nuove leve dello sviluppo che hanno reso questa area, in passato, altamente competitiva ad attrarre investimenti industriali. Diciamo anche che non siamo fermi sui confini provinciali. I fenomeni economici vanno al di là dei confini amministrativi, siano essi provinciali, regionali o nazionali. Ma ci serve far riferimento ad un'area, entro la quale, l'azione dei Soggetti locali può farsi pienamente valere. Abbiamo avvertito però in questi ultimi anni l'affievolirsi della tensione e dell'attenzione sui temi dello sviluppo. Spesso, le nuove competenze sono state vissute più come prerogative che come esercizio di un servizio rispetto ad una visione condivisa. Nell'ultimo periodo è mancata la politica, quella vera, quella che sa guidare i processi di crescita e vincere gli egoismi. Ogni Attore si è sentito più solo, specialmodo chi, ogni giorno, si confronta con le dure leggi del mercato, non potendo contare su condizioni di contesto alla pari delle aree dei principali concorrenti. Il calo di tensione, che si è diffusamente avvertito, ha avuto effetti anche sull'andamento demografico della provincia: in crescita dal 1971 al 1991; in calo negli ultimi dieci anni. Certo, il fenomeno del saldo negativo demografico accomuna l'intero mondo occidentale. Sono evidenti, gli aspetti peculiari dell'andamento provinciale, in considerazione del fatto che, a registrare il maggiore calo, siano le aree interne. Questa tendenza è destinata ad incidere sugli assetti territoriali e sul ruolo delle piccole comunità, che si impoveriscono di una forza giovanile che è la forza strategica per lo sviluppo: stiamo vanificando lentamente gli sforzi compiuti nel post-terremoto, tesi a mantenere le comunità nei luoghi di origine, assicurando ad esse adeguati livelli di sviluppo socio-economico. Questo sì che tocca le nostre coscienze, e non lo strumentale scandalismo di cui è stata oggetto questa provincia. È necessario, però, sottolineare come, pur in presenza:
- di un quadro economico congiunturale, nazionale ed internazionale, sfavorevole;
- di continui ed estenuanti mutamenti, e conseguente paralisi della politica di incentivazione a favore degli investimenti e dell'occupazione;
- di esasperati toni polemici, che hanno di fatto monopolizzato il confronto parlamentare e sociale, e che hanno condotto ad un conflitto sociale solo in parte riassorbito, su temi che di sicuro si prestavano ad essere discussi in ben altro clima;
il tessuto produttivo della provincia di Avellino ha saputo resistere.

L'apparato produttivo irpino tra conferme e nuove minacce
Il distretto industriale delle pelli di Solofra conserva, pur nell'ambito di un mercato dalla congiuntura altalenante, la sua forte vivacità. Il distretto tessile di Calitri è impegnato a porre le condizioni per una ampia integrazione di filiera. L'agroindustria è fortemente competitiva ed acquisisce posizioni sempre più rilevanti. Nessuna ripercussione negativa, dell'attuazione del piano di ristrutturazione e di rilancio del Gruppo FIAT, si è registrata negli stabilimenti IVECO di Flumeri e FMA di Pratola Serra. Anzi, queste due importanti realtà, sono interessate a rafforzare la loro produzione perché esprimono livelli competitivi mondiali e prodotti innovativi. In generale, le PMI, nelle quali è impegnata l'imprenditoria locale, mostrano capacità di intrapresa, nonostante l'accennata congiuntura sfavorevole. Sono questi dati importanti ma, come vuole la logica dell'economia, non sono acquisiti per sempre. Preoccupanti segnali, per esempio, emergono dall'indotto metalmeccanico. Non trascuriamo d'altra parte che nei meccanismi decisionali delle grandi imprese sono continue le valutazioni della competitività dei diversi territori per le scelte di localizzazione o di delocalizzazione delle loro attività produttive.

Le leve dello sviluppo endogeno ed esogeno
Fatto rilevante, non ancora dimensionato negli aspetti quantitativi, ma di forte interesse dal punto di vista delle risorse strategiche sulle quali contare, è la nuova leva di imprenditori che si sta affacciando sulla scena economica, alla quale la nostra associazione sta dedicando forte attenzione. Sono imprenditori giovani di seconda generazione, con dirette responsabilità aziendali, animati non solo dalla voglia di fare, e fare bene, il proprio lavoro, ma anche di quella volontà di restare nella propria realtà di origine per continuare e sviluppare, nonostante le inefficienze e l'ancora irrisolta pesantezza dell'economia esterna, il lavoro che in modo pionieristico è stato intrapreso dai padri. Sono espressioni di un fenomeno più ampio della voglia di fare impresa. È un elemento in più, che arricchisce il quadro delle potenzialità endogene di promuovere lo sviluppo che ha, altresì, nell'attrazione di nuovi investimenti extrarea, un obiettivo sul quale puntare.
Per questo obiettivo, in particolare, il territorio provinciale può avvalersi:
- della posizione baricentrica tra la fascia tirrenica e quella adriatica;
- di adeguate infrastrutture, che presenta sì dei limiti, ma superabili con investimenti di rafforzamento della reti. Nel campo della mobilità, mediante una più ampia diffusione della intermodalità, e con l'ammodernamento delle linee ferroviarie che solcano l'intero territorio;
- della disponibilità di suoli;
- della presenza di giovani che hanno acquisito un buon grado di scolarizzazione, e sono predisposti alla qualificazione e alla professionalizzazione;
- del controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine e della magistratura, in grado di prevenire e di estirpare l'eventuale minaccia di criminalità diffusa;
- di un sistema sanitario, per esempio, proiettato verso una complessiva eccellenza;
- ultimo, ma non certo per importanza di questa elencazione necessariamente sintetica, di relazioni industriali innovative e proficue, caratterizzate da un alto senso di responsabilità nel rispetto dell'autonomia e dei ruoli.
Interessante è poi un processo in itinere, che vede la provincia di Avellino configurarsi come terra elettiva di centri di ricerca, di innovazione e di diffusione delle tecnologie. Questo le conferisce specificità e ruolo propri, quanto più è l'unica provincia della Campania a non ospitare sedi universitarie. Proprio con riguardo a questi elementi fondanti dello sviluppo, ma dall'altro tenendo ben presente i vincoli del territorio, la nostra azione ha teso, senza fini polemici, ad incitare i livelli di Governo ad azioni specifiche.

Le nostre riflessioni sulla politica regionale
L'azione della Regione è apparsa incisiva in alcuni settori, meno brillante in altri. La ricerca e l'innovazione sono stati dotati di strumenti efficaci, ispirati da una visione che vuole caratterizzare il territorio regionale nell'ambito del contesto europeo.
La politica diretta al sostegno dell'industria è stata attenta alle istanze delle imprese.
Spesso, però, alle intese raggiunte non ha fatto seguito un percorso operativo lineare, ostacolato da troppi vincoli di natura burocratici. Interessante è guardare anche al grado di internazionalizzazione delle imprese, misurato dall'export. Le fonti dell'Osservatorio regionale rivelano una forte polarizzazione nel settore dei trasporti e degli autoveicoli (70%) e sull'agroalimentare (20%), mentre le percentuali realizzate dalla piccola impresa sembrano più dipendere da fattori contingenti, che da attestazioni strutturali nel mercato.
Le programmate opere di rafforzamento della mobilità merci, sono atti di indubbia valenza strategica.
Condividiamo l'impegno di maggiore attenzione alla rivitalizzazione degli assi ferroviari che solcano la provincia, sia longitudinalmente (la Salerno - Avellino - Benevento) che trasversalmente (l'Avellino - Rocchetta Sant'Antonio). Vogliamo ricordare che, insieme alle altre istanze che riguardavano l'apparato industriale (Contratto d'area, distretti industriali) il rafforzamento della rete ferroviaria provinciale e viaria sono state le proposte, contenute nel Documento, articolato in singole schede, consegnato proprio al Presidente Bassolino, all'inizio del suo e del mio mandato, proprio in un incontro presso la nostra sede. In quell’occasione, Bassolino ebbe modo di apprezzarle nel merito e nella forma anche nel corso di dichiarazioni pubbliche.
Vederle accogliere e costituire elemento della programmazione che qualifica l'intervento regionale nel territorio, è per noi motivo di grande soddisfazione. Infatti la provincia richiede di azioni volte a decongestionare il traffico su gomma e ad abbattere i costi di trasporto merci. Non possiamo di certo fermarci, per esempio, nelle nostre ipotesi di dotare di più ampie infrastrutture il territorio, alla valutazione di non economicità della Società gestore di queste tratte ferroviarie, perché è nostra sensazione che questa valutazione attiene all'attuale situazione, e non coglie le effettive potenzialità.
I numeri ci daranno ragione ma, oggi, dobbiamo trasformare l'impegno in interventi certi e come dice Francesco De Sanctis, nel suo "Un viaggio elettorale": ubbidire «…alle prime ispirazioni che ci vengono dal cuore». La formazione professionale, non ha assunto la valenza di sostegno corrispondente alle necessità dell'impresa. Queste valutazioni non vogliono assumere carattere polemico, anche se alcune volte la sana polemica serve a vivacizzare l'attenzione. Vogliono invece offrire incitamento alle azioni che la Regione, complessivamente, in tutte le sue componenti e competenze, può e deve saper svolgere. La devoluzione, il federalismo deve essere una opportunità, una occasione per rendere quest'area sempre più competitiva perché essa, insieme a tutto il meridione, rappresenta la grande potenzialità di sviluppo per l'intero Paese, soprattutto in considerazione del fatto che il Nord non ha più grandi disponibilità di aree e non è dotata, al pari del Meridione, della fondamentale risorsa costituita dai giovani. La capacità di rendere competitivo il nostro territorio dipenderà anche dal massiccio ed intelligente impiego delle risorse europee. Tra non molto con l'allargamento dell'Unione Europea, le risorse che ci provengono da Bruxelles saranno inevitabilmente limitate.
Ci siamo posti, e poniamo, la questione con riguardo all'azione della Regione, di come può essere inserito nello Statuto, in corso di riformulazione, la composita realtà regionale, non solo dal punto di vista della rappresentanza elettiva, ma come principi e criteri che devono mirare al riequilibrio delle politiche di intervento.

Governo Nazionale e Mezzogiorno
Aspettative e riscontri
A livello di Governo nazionale, il groviglio di polemiche e problemi non risolti porta la nostra valutazione al limite della delusione.
Un dato per tutti: secondo autorevoli fonti, la competitività dell'Italia è scivolata, nell'arco di un anno, dal 14 ° al 17 ° posto.
Il dato stride fortemente con la convergenza sui programmi registrata all'assise confindustriale di Parma nel 2000, tra l'attuale maggioranza governativa e le istanze del mondo imprenditoriale. Certo, sono state approvate alcune importanti riforme: quelle del mercato del lavoro, della scuola, del diritto societario; sono state "cantierate" alcuni grandi opere. Solo di recente, poi, il CIPE ha reso spendibili gli importi stanziati per le aree deboli del Paese con una significativa quota (5%) riservata al Mezzogiorno (12,3 miliardi nel periodo 2003-2006). Le modifiche, però, intervenute nei meccanismi di incentivazione, con particolare riferimento al credito d'imposta, hanno finito per pesare sulle certezze imprenditoriali e sulla stessa fiducia, quanto più esse hanno intaccato diritti acquisiti.
In generale, l'annunciata centralità dello sviluppo del Mezzogiorno, come obiettivo primario per la crescita della competitività nazionale, confermata anche dagli impegni assunti col Patto per l'Italia, non è stata fino ad oggi rispettata. Eppure tutti siamo consapevoli che si può parlare di sistema Italia, e della sua maggiore competitività, solo se il Mezzogiorno confermerà, come avvenuto già nel passato, una crescita del PIL significativa, con valori doppi rispetto al dato nazionale. Non si negano, alla valutazione, le difficoltà della congiuntura internazionale sfavorevole.
Ma stiamo parlando, però, dell'assenza di azioni efficaci e di un quadro normativo certo, che sappiano dotare il territorio meridionale dei presupposti per cogliere in modo strutturale, e non solo contingente, le possibilità della preannunciata ripresa dell'economia. Lamentiamo, pertanto, nell'azione del Governo nazionale la carenza tra quanto annunciato e quanto fino ad oggi svolto, mentre la pressione competitiva delle imprese è cresciuta. L'accesso alle nuove tecnologie, all'innovazione e alle informazioni, la qualità crescente dei prodotti, unitamente ai bassi costi dei fattori produttivi, da parte delle imprese ubicate nei Paesi con più basse condizioni sociali ed ambientali, rende la sfida competitiva sempre più esigente.

L'Italia e la Presidenza dell'Unione
Un ulteriore banco di prova per il Governo nazionale sarà la prossima presidenza italiana dell'Unione, e la capacità di dare rilancio ai programmi di riequilibrio territoriale. L'Unione Europea ha realizzato l'unificazione della moneta. Tra non poche difficoltà, adotterà una comune costituzione. Non ha saputo ancora affiancarsi all'economia statunitense per guidare i processi di crescita mondiale. E se questo non avverrà, il rischio è la preminenza dell'economia statunitense nel dettare i ritmi dell'economia mondiale, con tutto ciò che ne consegue in termini di equilibri geopolitici e di fenomeni di reazione. Nel suo interno, l'Europa ha una profonda debolezza, manifestatasi proprio quando la Germania ha rallentato i ritmi di crescita ed è alle prese con una crisi del proprio sistema economico. L'impostazione attuale di una Europa, che ha nei Paesi centrali il motore dello sviluppo e nelle aree periferiche soltanto il supporto, pone in evidenza una grave carenza.
Ciò deve essere corretto, perché rischia di confermarsi anche nell'Europa a 25 Stati, e pone le premesse di una ulteriore contraddizione, quella cioè della concorrenza fra le aree ancora deboli dell'Unione.
Bisogna spingere di più sugli equilibri territoriali. L'Unione Europea deve camminare su due gambe: la convergenza e la coesione. Fino ad oggi c'è stata solo una politica di convergenza, realizzata su obiettivi di natura finanziaria (inflazione, deficit, debito pubblico). Bisogna spingere di più sulla coesione che realizza lo sviluppo di tutte le aree ed è punto nodale di quanto previsto dai Trattati istitutivi dell'Unione. In questo bisogna offrire il dovuto risalto al valore che assume il bacino del Mediterraneo, come potenzialità non solo economica.
Si tratta di configurare il ruolo dell'Italia e del Mezzogiorno, dotandolo di politiche strategiche che ne risaltino la centralità. Siamo in ritardo rispetto a quanto stabilito dal vertice dell'Unione a Lisbona nel 2000 sugli obiettivi da raggiungere nel 2010 per la competitività del sistema europeo.
Più in particolare per la Campania, i dati dell'Osservatorio regionale, già richiamati, analizzando l'integrazione nei mercati esteri e valutandone la portata sulla base della propensione all'export realizzato dalle imprese campane, ha evidenziato l'incremento del 33,3% nel 2001, rispetto al 2000, verso l'Africa sub-sahariana.
L'apparato produttivo campano coglie queste tendenze: si conferma nella sua propensione europea (il 53% dell'export), ma è attento ai nuovi percorsi nelle aree in via di sviluppo.
Si tratta, quindi, di sostenere anche con un disegno politico e programmatico, i processi economici reali, e non affidare la politica economica al solo governo finanziario. Non viviamo in epoca di pensieri forti. Anzi. Rifocalizzare l'attenzione sul Patto di stabilità europeo per offrire maggiori possibilità alla realizzazione degli investimenti, ci sembra quanto mai necessaria per evitare che la crescita zero si trasformi in recessione. Poi c'è il nodo delle riforme dei sistemi, tra cui quello pensionistico, sui quali è bene evitare l'inasprirsi del conflitto e dare ampio risalto al negoziato. Le valutazioni espresse, seppur racchiuse nella necessaria sintesi, possono essere completate con la trattazione degli altri aspetti che contribuiscono ad una nostra piena valutazione sugli elementi fondamentali dello sviluppo.

Banche ed imprese del Sud: un rapporto da ricostruire
Il rapporto Banche Imprese, ad esempio, è stato più volte da noi sollevato come argomento prioritario in proposte avanzate ad esponenti del Governo nazionale. In particolare, dopo il loro riassetto, gli istituti di credito hanno riservato sempre meno attenzione all'Italia meridionale. È venuta meno la stessa funzione delle Banche a vocazione territoriale e della possibilità di stabilire proficue collaborazione tra mondo dell'impresa e strutture finanziarie. Il rapporto rischia ancor di più di affievolirsi in seguito all'introduzione dei parametri e dei rating interni a garanzia dei crediti concessi alle PMI, in ossequio a Basilea 2. Speriamo che, l'avocazione da parte dei Ministri finanziari del G7/8 dell'accordo di Basilea 2, intervenuto nell'ultima riunione del 17 Maggio u.s., sappia introdurre elementi di flessibilità per una maggiore considerazione del credito a sostegno dell'attività delle piccole e medie imprese. La possibilità di interventi finanziari nel capitale di rischio delle Pmi delle aree meridionali resta ancora una via sperimentale e poco diffusa. Anche la polemica tra banche e Governo, sul ruolo degli Istituti di credito nelle aree deboli del Paese è rimasta priva di azioni conseguenti.
Evidentemente serviva a coprire delle responsabilità rispetto alle manchevolezze sia della politica governativa sia dell'impegno delle banche.
Avevamo proposto ad esponenti del Governo un tavolo di confronto per addivenire ad un protocollo d'intesa che fissasse gli obiettivi dell'impegno bancario nelle aree deboli, sostenuto, laddove ne ricorrevano i presupposti, dalla leva fiscale per agevolare l'impiego del denaro nel territorio dove veniva raccolto. Non è autocompiacimento se abbiamo constatato che queste nostre riflessioni e proposte sono state oggetto di approfondita analisi da parte di autorevoli commentatori di fatti economici su testate giornalistiche a tiratura nazionale. È solo un modo per sottolineare che, la percezione diretta dei fenomeni e le conseguenti proposte, è un metodo insostituibile di dialogo.
La Regione deve ampliare la propria azione, con la stipula di accordi anche innovativi, di iniziative di carattere amministrativo e, laddove ne ricorrono i presupposti, con iniziative legislative. La devoluzione, che per alcuni aspetti, per le Regioni meridionali, è vista come una minaccia, dobbiamo utilizzarla bene, per farla diventare una grande opportunità per collegare sempre di più le istanze del territorio con la programmazione e la strumentazione d'intervento regionale. La sussidiarietà, del resto, è una sfida, e non solo un criterio ordinatore delle funzioni istituzionali.
E proprio questa sfida, noi imprenditori della provincia di Avellino, la vogliamo vivere fino in fondo.

L'Unione degli Industriali di Avellino nel contesto del territorio
Questa relazione non ha valore esaustivo dell'attività e delle azioni svolte. Ha voluto solo segnalare alcuni punti e centralizzare l'attenzione sulla competitività del territorio.
Si completa nella informazione, anch'essa breve, dell'attività interna della nostra Associazione, anche se i confini tra ciò che riteniamo interno e ciò che è azione esterna, ci appaiono sempre più labili. Sono state continue e costanti le sedute del Consiglio Direttivo e della Giunta, grazie anche all'assiduità con la quale i componenti vi hanno partecipato.
È cresciuta, più in generale, la partecipazione degli imprenditori agli eventi associativi, che spesso hanno visto gli interventi di esponenti nazionali della politica e del sindacato, rappresentanti del governo nazionale e regionale. Si va sempre più ratificando, al nostro interno, quella comune esigenza di vivere l'associazione come momento di incontro e di confronto, come centro per individuare nuovi percorsi, e di formulazione di proposte progettuali.
L'Unione di Avellino si è dotata di un nuovo Statuto, aggiornando le regole della partecipazione e della rappresentanza ai mutati contesti, coerentemente con le linee programmatiche approvate dall'Assemblea. È continuo, a livelli di struttura, l'ammodernamento e l'ampliamento dei servizi agli associati. Sono in corso le procedure per la certificazione di qualità.
Ne consegue che la percezione dell'Associazione nel mondo imprenditoriale risulta sempre più forte, come è anche evidenziato dal numero di nuove adesioni.
Sul piano delle relazioni esterne, l' Unione vanta un proficuo dialogo con tutte le Associazioni e le Rappresentanze istituzionali. Abbiamo inteso comunque confermare ed accrescere la oggettiva constatazione che, questa provincia, quotidianamente, può contare sull'Unione degli Industriali come Attore ed Interlocutore attivo, moderno e proteso ad individuare nuovi percorsi di sviluppo.
Anche questo, se ci consentite, vuole essere un momento significativo delle dotazioni e potenzialità del territorio. La nostra missione associativa comprende la rappresentanza degli interessi, vuole offrire un servizio alle imprese, non di meno è fortemente interessata ai processi di crescita ai quali vogliamo contribuire, per fare bene e meglio le cose che sono necessarie ed opportune.
Desideriamo, insomma, rendere sempre più «… possibile che le cose siano fatte meglio, perché in questo fare le cose, è implicato qualcosa di più che noi soltanto».

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