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Com'è noto negli ambienti del
sistema confederale, sono reduce dall'impegno di aver apportato modifiche allo statuto dell'ente che ho l'onore di rappresentare. Nonostante il mio intento riformatore nascesse dalla semplice
volontà di conformare lo statuto dell'Unione Industriali della Provincia di Caserta a quello recentemente approvato da Confindustria, non poche sono state le difficoltà oggettive incontrate
nella definizione della nuova regolamentazione. Se poi si tiene conto che in gioco c'erano gli interessi di una sola classe, nella fattispecie quella imprenditoriale, e del numero relativamente
esiguo di soggetti coinvolti, mi risulta estremamente facile comprendere le immani difficoltà che soggiacciono alla stesura della bozza dello Statuto di un Ente, come la Regione Campania, nel
quale convivono una molteplicità e una eterogeneità di affari collettivi che fanno capo a circa sei milioni di persone.
Mi corre in ogni caso l'obbligo di segnalare alcuni aspetti che a mio avviso andrebbero sottolineati, quantunque ravvisassi l'opportunità di un intervento congiunto di tutti i Presidenti
attraverso l'organo deputato a gestire i rapporti con la Regione, Confindustria Campania.
Il profondo processo di decentramento di funzioni e compiti per le Regioni, che soggiace all'idea stessa di federalismo, non rappresenta soltanto un criterio di ripartizione delle competenze, ma
piuttosto un equilibratore delle funzionalità dell'intero sistema. Laddove per sistema si intende un ovvio riferimento alla società civile, costituita in ogni sua parte da persone, comunità,
enti.
Un concetto, quest'ultimo, che è espressione di quel principio di sussidiarietà in base al quale un interesse giuridicamente rilevante viene ad essere tutelato e soddisfatto dal livello
territoriale più prossimo all'interesse stesso.
Per questo motivo lo Stato (la Regione in questo caso) deve fare in modo che i singoli e i gruppi possano impegnare la propria creatività, iniziativa e responsabilità, risolvendo o concorrendo a
trovare la soluzione ai problemi. Come imprenditore, e in qualità di Presidente di una territoriale di Confindustria, come portatore degli interessi della classe industriale, mi ha stupito non
poco la mancata menzione nella bozza di Statuto della Regione Campania, di una qualche forma di coinvolgimento della classe imprenditoriale.
Le mie argomentazioni traggono conforto non solo dalle personali convinzioni circa il ruolo da protagonista dell'azienda nello sviluppo economico, ma soprattutto dal riconoscimento che alla
stessa viene tributato in altri ambiti regionali e nella stessa bozza della Convenzione Europea. Nello statuto della Regione Piemonte (art. 4) ad esempio, c'è un riferimento esplicito alla
necessità di «attuare le riforme necessarie per determinare giusti rapporti sociali e civili condizioni di vita nelle campagne e favorire l'impresa, singola o associata…», così come nella bozza
della convenzione Europea compaiono vari riferimenti alla pari dignità riconosciuta alle imprese e alla società civile (art.46), sancita ulteriormente nell'articolo 16 dove tra i settori
destinatari dell'azione di sostegno figura al primo posto l'industria, oppure nell'articolo 31 che annovera tra gli organi consultivi dell'Unione «…i rappresentanti delle organizzazioni dei
datori di lavoro…». Le Costituzioni moderne, dunque, tengono conto pariteticamente dei fattori di sviluppo economico, sostenendoli adeguatamente nella misura in cui essi siano compatibili con le
conquiste e i valori tradizionali in materia di diritti dei singoli. La scarsa attenzione dedicata nella bozza dello Statuto alle forme di partenariato e ai livelli di rappresentanza generici,
non mi pare espressione di autentiche tendenze riformiste, volte a realizzare effettive opportunità di crescita e competitività dell'economia e del territorio, imprescindibili senza l'effettivo
coinvolgimento dell'industria. Le mie riflessioni sul tema, lungi dal voler rappresentare una sterile polemica, si pongono pertanto come un vero e proprio invito a riconsiderare la maggiore
partecipazione della classe imprenditoriale locale, per meglio valorizzare il processo di rinnovamento istituzionale in corso.
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