1) LA MONTAGNA PARTORÌ IL TOPOLINO
COSÌ LA RIFORMA DEL DIRITTO SOCIETARIO
2) IL DECRETO 758/94
PREVENZIONE INFORTUNI SUL LAVORO
3) PUBBLICO IMPIEGO
ACCESSO ALLE QUALIFICHE SUPERIORI
4) DECRETO LEGISLATIVO 231/2001
RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA
5) INCENTIVI FISCALI ALLE IMPRESE MERIDIONALI
RISCRITTE LE REGOLE
 

 

a cura di Vito Salerno
IL DECRETO 758/94
PREVENZIONE INFORTUNI SUL LAVORO
Particolare importanza riveste la prescrizione a norma dell’articolo 20
di Lorenzo Ioele - Docente Diritto Sicurezza Sociale Università degli Studi di Salerno
 

In tema di prevenzione infortuni, igiene e sicurezza del lavoro assume notevole rilevanza, per la vita delle Aziende, la “prescrizione” a norma dell’art.20 del decreto legislativo 758/1994, che costituisce, un atto di polizia giudiziaria oggetto di rapporto al PM, e come tale non suscettibile di impugnativa in sede amministrativa. Con la “prescrizione” viene assegnato al (presunto) contravventore delle disposizioni in tema di tutela della salute un termine, non superiore a sei mesi per la regolarizzazione della infrazione accertata. La norma consente, altresì, la proroga del termine di altri sei mesi, per una sola volta, con provvedimento motivato, comunicato al PM, quando essa sia richiesta dal contravventore e sussistano «specifiche circostanze non imputabili» che determinano un ritardo nella regolarizzazione. Secondo il sistema previsto dalla legge l’organo di vigilanza deve, poi, verificare l’adempimento o meno della prescrizione, con obbligo di comunicazione al PM del risultato della verifica. Ove la prescrizione sia stata rispettata il contravventore è ammesso a pagare la sanzione amministrativa ridotta ragion per cui si procederà all’archiviazione per estinzione della contravvenzione. In caso di inadempimento, invece, l’organo di vigilanza, entro 90 giorni dalla scadenza del termine, informa il PM in tal caso, venuta meno la causa di sospensione, il processo penale continuerà il suo corso. Il descritto procedimento, infatti, sospende il processo penale fino a quando il PM riceve una delle due comunicazioni che l’organo di vigilanza, per altro verso, è obbligato ad inoltrare nei termini previsti dalla legge.
La prescrizione costituisce dunque l’atto iniziale di una sequenza che condiziona lo sviluppo dell’azione penale in quanto «il Giudice prima di pronunciare sentenza di condanna per una delle contravvenzioni ivi previste, deve accertare che si siano regolarmente svolti tutti i passaggi della procedura stessa: sicché, “condizione” del processo e della eventuale condanna è la previa verifica della completezza e ritualità dell’iter normativamente delineato e della legittimità dei relativi atti, primo fra tutti, quindi proprio dell’atto impositivo delle prescrizioni che di quel iter rappresenta il doveroso esordio. Una verifica, dunque, che non può che essere riservata all’autorità giudiziaria penale, spettando soltanto ad essa pronunciarsi sugli effetti che quel peculiare procedimento ha prodotto rispetto alla regiudicanda penale ad essa devoluta» (Cassazione penale 14/2 - 2/3, 2000 n.1037). Insomma, dall’orientamento che appare decisamente consolidato, sembra che, in presenza della “prescrizione”, l’unica alternativa sia quella di ottemperare ovvero affrontare il processo penale che per il datore di lavoro dovrebbe avere ad oggetto la violazione accertata dall’organo di vigilanza.
Tale impostazione lascia insoddisfatti ove si consideri la rilevanza che viene attribuita alla iniziativa dell’organo di vigilanza nelle persone di funzionari che operano senza alcun controllo se non quello finale del Giudice. Ne consegue che il datore di lavoro in presenza della “prescrizione” (anche balzana) deve necessariamente adempiere ovvero affrontare il giudizio penale con i riflessi negativi che una siffatta pendenza può avere. Il PM senz’altro non è vincolato dalla “prescrizione”, sul piano pratico appare ben difficile, per non dire solo teorico che non dia seguito al processo penale. Si potrebbe, allora, ipotizzare l’utilizzabilità del rimedio previsto dall’art.21, comma 5 e 6, della L. 23/12/1978 n.833 alla stregua del quale «contro i provvedimenti adottati dal personale ispettivo, nell’esercizio delle funzioni di cui al 3 comma, è ammesso ricorso al Presidente della Giunta Regionale che decide sentite le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro. Il Presidente della Giunta regionale può sospendere l’esecuzione dell’atto impugnato».
Le funzioni di cui al 3 comma sono quelle svolte dai soggetti che il Prefetto individua, su proposta del Presidente della Giunta Regionale, «quali addetti ai servizi di ciascuna unità sanitaria locale, nonché ai presidi e servizi di cui al successivo art.22», i quali «assumano ai sensi delle leggi vigenti la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria, in relazione alle funzione ispettive di controllo da essi esercitate relativamente alla applicazione della legislazione sulla sicurezza del lavoro». (vedi anche art.7 - 7 octies del d.l.vo 503/92; per la Campania vedi l.r. 3 novembre 1994, n.32; Delibera Giunta Regionale Campania 7 agosto 1997, n.6781). Secondo l’art.19, d.l.vo 758/1994 l’organo di vigilanza è proprio il personale ispettivo di cui all’art.21, comma III, L.833/1978.
Il ricorso ex art.21 l.cit. potrebbe apparire sistematicamente in contrasto con l’innovazione introdotta dal d.leg.vo 758/1994 volta, tra l’altro, a prevedere un meccanismo destinato alla rapida eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose delle violazioni accertate evitando le lungaggini derivanti dai procedimenti amministrativi.
Qualche dubbio potrebbe anche derivare sul piano letterale, dal rilievo che l’art.21 utilizza la espressione “provvedimenti”, mentre la “prescrizione” è atto di polizia giudiziaria. Il rimedio amministrativo da essa previsto sarà senz’altro utilizzabile avverso tutti i provvedimenti del Dipartimento di igiene e sicurezza diversi dalla “prescrizione”. Rispetto a questa, però, potrebbe assumere una rilevanza più limitata e riferita al merito dell’atto, senza incidere sulla sequenza procedimentale prevista dal d.l.vo 758/1994 e senza prolungare il periodo di sospensione del processo penale puntualmente determinata dalla legge sotto il profilo temporale.
Rispetto alla esposta sequenza non sono previsti spazi per una procedura incidentale sul merito della prescrizione, quale dovrebbe essere il ricorso al Presidente della Giunta Regionale. Il processo penale dunque risulta vincolato secondo la descritta sequenza e la valutazione di merito è demandata esclusivamente al Giudice penale.
Una eventuale pronunzia in sede di ricorso ex art.21 L.833/1978 potrebbe avere un suo rilievo sotto un limitato profilo. Molto spesso le violazioni contestate dall’organo di vigilanza presentano la caratteristica di essere violazioni di norme sostanzialmente in bianco. Le norme che l’organo di vigilanza assume violate, infatti, potrebbero limitarsi ad indicare soltanto i principi e gli obiettivi da raggiungere senza prevedere, cioè, specifici comportamenti a carico dell’imprenditore (come ad esempio l’art.14 dpr 547/1955) anche alternativi (vedi ad esempio l’art.56 dpr 547/55), ovvero senza prevedere il conferimento all’organo di vigilanza del potere di imporre al datore di lavoro comportamenti specifici (vedi ad esempio l’art.14 dpr 303/56). Si intende dire che, per le caratteristiche della normativa che si assume violata, l’organo di vigilanza ha espresso una valutazione negativa cui si contrappone quella aziendale in ordine alla congruità delle misure di prevenzione, adottate per raggiungere gli obbiettivi indicati dal legislatore, ed ai i rimedi ed accorgimenti ritenuti necessari per il raggiungimento di detti obiettivi. Per tale ragione una eventuale pronunzia del Presidente della Giunta Regionale «sentite le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro» potrebbe avere innegabili riflessi positivi, ove favorevole alla azienda e sembra l’unico possibile rimedio avverso la “prescrizione”, peraltro con effetti limitatissimi.

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