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In tema di prevenzione infortuni, igiene e
sicurezza del lavoro assume notevole rilevanza, per la vita delle Aziende,
la “prescrizione” a norma dell’art.20 del decreto legislativo 758/1994,
che costituisce, un atto di polizia giudiziaria oggetto di rapporto al PM,
e come tale non suscettibile di impugnativa in sede amministrativa. Con la
“prescrizione” viene assegnato al (presunto) contravventore delle
disposizioni in tema di tutela della salute un termine, non superiore a
sei mesi per la regolarizzazione della infrazione accertata. La norma
consente, altresì, la proroga del termine di altri sei mesi, per una sola
volta, con provvedimento motivato, comunicato al PM, quando essa sia
richiesta dal contravventore e sussistano «specifiche circostanze non
imputabili» che determinano un ritardo nella regolarizzazione. Secondo il
sistema previsto dalla legge l’organo di vigilanza deve, poi, verificare
l’adempimento o meno della prescrizione, con obbligo di comunicazione al
PM del risultato della verifica. Ove la prescrizione sia stata rispettata
il contravventore è ammesso a pagare la sanzione amministrativa ridotta
ragion per cui si procederà all’archiviazione per estinzione della
contravvenzione. In caso di inadempimento, invece, l’organo di vigilanza,
entro 90 giorni dalla scadenza del termine, informa il PM in tal caso,
venuta meno la causa di sospensione, il processo penale continuerà il suo
corso. Il descritto procedimento, infatti, sospende il processo penale
fino a quando il PM riceve una delle due comunicazioni che l’organo di
vigilanza, per altro verso, è obbligato ad inoltrare nei termini previsti
dalla legge.
La prescrizione costituisce dunque l’atto iniziale di una sequenza che
condiziona lo sviluppo dell’azione penale in quanto «il Giudice prima di
pronunciare sentenza di condanna per una delle contravvenzioni ivi
previste, deve accertare che si siano regolarmente svolti tutti i passaggi
della procedura stessa: sicché, “condizione” del processo e della
eventuale condanna è la previa verifica della completezza e ritualità
dell’iter normativamente delineato e della legittimità dei relativi atti,
primo fra tutti, quindi proprio dell’atto impositivo delle prescrizioni
che di quel iter rappresenta il doveroso esordio. Una verifica, dunque,
che non può che essere riservata all’autorità giudiziaria penale,
spettando soltanto ad essa pronunciarsi sugli effetti che quel peculiare
procedimento ha prodotto rispetto alla regiudicanda penale ad essa
devoluta» (Cassazione penale 14/2 - 2/3, 2000 n.1037). Insomma,
dall’orientamento che appare decisamente consolidato, sembra che, in
presenza della “prescrizione”, l’unica alternativa sia quella di
ottemperare ovvero affrontare il processo penale che per il datore di
lavoro dovrebbe avere ad oggetto la violazione accertata dall’organo di
vigilanza.
Tale impostazione lascia insoddisfatti ove si consideri la rilevanza che
viene attribuita alla iniziativa dell’organo di vigilanza nelle persone di
funzionari che operano senza alcun controllo se non quello finale del
Giudice. Ne consegue che il datore di lavoro in presenza della
“prescrizione” (anche balzana) deve necessariamente adempiere ovvero
affrontare il giudizio penale con i riflessi negativi che una siffatta
pendenza può avere. Il PM senz’altro non è vincolato dalla “prescrizione”,
sul piano pratico appare ben difficile, per non dire solo teorico che non
dia seguito al processo penale. Si potrebbe, allora, ipotizzare
l’utilizzabilità del rimedio previsto dall’art.21, comma 5 e 6, della L.
23/12/1978 n.833 alla stregua del quale «contro i provvedimenti adottati
dal personale ispettivo, nell’esercizio delle funzioni di cui al 3 comma,
è ammesso ricorso al Presidente della Giunta Regionale che decide sentite
le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro. Il Presidente
della Giunta regionale può sospendere l’esecuzione dell’atto impugnato».
Le funzioni di cui al 3 comma sono quelle svolte dai soggetti che il
Prefetto individua, su proposta del Presidente della Giunta Regionale,
«quali addetti ai servizi di ciascuna unità sanitaria locale, nonché ai
presidi e servizi di cui al successivo art.22», i quali «assumano ai sensi
delle leggi vigenti la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria, in
relazione alle funzione ispettive di controllo da essi esercitate
relativamente alla applicazione della legislazione sulla sicurezza del
lavoro». (vedi anche art.7 - 7 octies del d.l.vo 503/92; per la Campania
vedi l.r. 3 novembre 1994, n.32; Delibera Giunta Regionale Campania 7
agosto 1997, n.6781). Secondo l’art.19, d.l.vo 758/1994 l’organo di
vigilanza è proprio il personale ispettivo di cui all’art.21, comma III, L.833/1978.
Il ricorso ex art.21 l.cit. potrebbe apparire sistematicamente in
contrasto con l’innovazione introdotta dal d.leg.vo 758/1994 volta, tra
l’altro, a prevedere un meccanismo destinato alla rapida eliminazione
delle conseguenze dannose o pericolose delle violazioni accertate evitando
le lungaggini derivanti dai procedimenti amministrativi.
Qualche dubbio potrebbe anche derivare sul piano letterale, dal rilievo
che l’art.21 utilizza la espressione “provvedimenti”, mentre la
“prescrizione” è atto di polizia giudiziaria. Il rimedio amministrativo da
essa previsto sarà senz’altro utilizzabile avverso tutti i provvedimenti
del Dipartimento di igiene e sicurezza diversi dalla “prescrizione”.
Rispetto a questa, però, potrebbe assumere una rilevanza più limitata e
riferita al merito dell’atto, senza incidere sulla sequenza procedimentale
prevista dal d.l.vo 758/1994 e senza prolungare il periodo di sospensione
del processo penale puntualmente determinata dalla legge sotto il profilo
temporale.
Rispetto alla esposta sequenza non sono previsti spazi per una procedura
incidentale sul merito della prescrizione, quale dovrebbe essere il
ricorso al Presidente della Giunta Regionale. Il processo penale dunque
risulta vincolato secondo la descritta sequenza e la valutazione di merito
è demandata esclusivamente al Giudice penale.
Una eventuale pronunzia in sede di ricorso ex art.21 L.833/1978 potrebbe
avere un suo rilievo sotto un limitato profilo. Molto spesso le violazioni
contestate dall’organo di vigilanza presentano la caratteristica di essere
violazioni di norme sostanzialmente in bianco. Le norme che l’organo di
vigilanza assume violate, infatti, potrebbero limitarsi ad indicare
soltanto i principi e gli obiettivi da raggiungere senza prevedere, cioè,
specifici comportamenti a carico dell’imprenditore (come ad esempio l’art.14
dpr 547/1955) anche alternativi (vedi ad esempio l’art.56 dpr 547/55),
ovvero senza prevedere il conferimento all’organo di vigilanza del potere
di imporre al datore di lavoro comportamenti specifici (vedi ad esempio
l’art.14 dpr 303/56). Si intende dire che, per le caratteristiche della
normativa che si assume violata, l’organo di vigilanza ha espresso una
valutazione negativa cui si contrappone quella aziendale in ordine alla
congruità delle misure di prevenzione, adottate per raggiungere gli
obbiettivi indicati dal legislatore, ed ai i rimedi ed accorgimenti
ritenuti necessari per il raggiungimento di detti obiettivi. Per tale
ragione una eventuale pronunzia del Presidente della Giunta Regionale
«sentite le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro» potrebbe
avere innegabili riflessi positivi, ove favorevole alla azienda e sembra
l’unico possibile rimedio avverso la “prescrizione”, peraltro con effetti
limitatissimi.
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