|
La somministrazione del vitto ai dipendenti, che - sia chiaro - non costituisce un obbligo previsto dalla legge per la
generalità dei lavoratori subordinati, può avvenire attraverso la istituzione di un servizio mensa (interno all'azienda, con gestione diretta o in appalto, ovvero esterno), il pagamento di una
indennità ovvero utilizzando i ticket restaurant. Si tratta di meccanismi diversi volti a perseguire la identica finalità, che possono essere previsti dalla contrattazione collettiva. La prima
questione che si pone riguarda la natura giuridica di tali erogazioni ed in particolare la eventuale natura retributiva, ai fini innanzitutto di una eventuale incidenza su altri elementi della
retribuzione.
Le Sezioni unite della Corte di Cassazione hanno insegnato che «il servizio mensa - il quale (sia nel regime anteriore all'entrata in vigore dell'art. 6 del D.L. 11 luglio 1992, n. 333,
convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359, che in quello da tale norma espresso, che assume, pertanto, il valore di disposizione "confermativa", senza porsi in contrasto con gli artt. 3, 24, 36,
39, 101, 102 e 104 Cost.) ancorché obbligatoriamente apprestato dal datore di lavoro, in adempimento di quanto stabilito dalla contrattazione collettiva, non ha natura di retribuzione in natura,
difettando del requisito della corrispettività, in quanto la sua fruizione non è causalmente correlata al solo fatto della prestazione lavorativa, ma presuppone un ulteriore atto volontario del
lavoratore - può nondimeno assumere siffatta natura allorché le clausole di previsione stabiliscano altresì l'erogazione di una indennità sostitutiva (rispetto alla quale si configura una
obbligazione facoltativa del datore di lavoro, con scelta della prestazione rimessa al creditore) a quanti non fruiscano del servizio stesso, ma tale assunzione non può che avvenire nei limiti
risultanti dalle dette clausole e perciò con riguardo al solo valore convenzionale dell'indennità e non anche al valore reale, con la conseguenza che, ai fini del computo del relativo emolumento
in istituti retributivi indiretti o differiti, deve farsi riferimento esclusivamente al detto valore convenzionale, venendo in rilievo, per la differenza rispetto al valore reale, la natura "ontologicamente"
non retributiva del servizio e, quindi, la non computabilità a tali fini» (Cass., Sez.un., 1 aprile 1993, n.3888).
La legge esclude, in linea generale, l'incidenza della mensa ai fini del calcolo degli istituti legali e contrattuali del rapporto di lavoro. (art.6, d.l. 333/1992 conv. in l.359/92 menzionata
dalla citata sentenza che tuttavia esaminava una fattispecie alla quale tale norma non era applicabile), facendo peraltro salvi i contratti collettivi stipulati prima dell'entrata in vigore
della legge ad oggetto la regolamentazione di tale istituto, e prevede altresì la possibilità per «accordi o contratti collettivi anche aziendali» di stabilire «se e in quale misura la mensa è
retribuzione in natura».
La disposizione di legge rende necessario dunque l'esame della contrattazione collettiva; ed in particolare dell'Accordo Interconfederale (AI) del 20 aprile 1956, oltretutto reso efficace erga
omnes con dpr 14 luglio 1960, n.1026, che è ancora vigente per il settore industriale nonché della contrattazione di categoria per verificare se è regolamentato l'istituto della mensa, ovvero
se, pur in assenza di regolamentazione da parte del contratto nazionale, possa o meno escludersi la applicazione dell'AI 20 aprile 1956. Se il CCNL non regolamenta la mensa, l'indennità ed il
ticket, meccanismi cioè che hanno la finalità di consentire al lavoratore di fruire del pasto, deve ritenersi, almeno tendenzialmente, che l'AI non sia stato sostituito ed è ancora vigente per
il settore di cui trattasi, salvo diverse previsioni sui rapporti tra contratti e/o trattamenti, in ordine alle quali non ci si sofferma perché la casistica sarebbe eccessivamente vasta. L'AI 20
aprile 1956 statuisce che l'indennità mensa «verrà considerata come elemento utile ai fini del calcolo della indennità sostitutiva di preavviso o di anzianità, del trattamento di festività o di
quello di ferie nonché della gratifica natalizia e della 13° mensilità» (art.1) ed ancora che «nel caso in cui esiste la mensa, senza che risulti alcuna indennità sostitutiva della stessa,
comunque determinata in sede aziendale o risultante da contratti nazionali o locali, il valore da prendere a base ai soli effetti della computabilità sui vari istituti contrattuali non può
comunque essere inferiore alla minima indennità sostitutiva di mensa risultante nell'ambito provinciale in cui è situato lo stabilimento, né può, comunque, essere superiore alle lire 25
(venticinque)» (art.3, comma 2). A mio avviso dunque, ove applicabile l'AI per assenza di contrattazione collettiva (nazionale o aziendale), la somministrazione del vitto, attraverso uno dei tre
meccanismi sopra indicati, potrebbe incidere su indennità sostitutiva del preavviso, festività, ferie e gratifica natalizia anche se non è prevista un indennità sostitutiva della mensa, in
quanto troverebbe applicazione la regola dettata dall'art.2, comma 2, dall'AI sopra trascritta ovvero il valore del ticket. L'AI 20 aprile 1956 non potrebbe invece trovare applicazione per il
computo del TFR: innanzitutto poiché l'AI si riferisce alla indennità di anzianità che è diversa dal TFR ed in ogni caso per le disposizioni dettate dall'art.4, comma 10 e 11, della legge
297/1982, anche se debbo dire che dalla motivazione della citata sentenza della Cassazione la soluzione sembra diversa. Sotto il profilo del TFR valgono le disposizioni di legge (il valore del
servizio mensa è stato escluso dal computo del tfr da Cass.21 gennaio 1994, n.581; è stata invece considerata computabile l'indennità di mensa da Cass. 12 aprile 1994, n. 4197) e del contratto
di categoria ove regolamenti la base di computo del TFR. utilizzando il rinvio previsto dall'art.2120, comma 2, c.c.. Occorrerà quindi interpretare il CCNL e valutare se esso ha individuato gli
elementi della retribuzione da considerare ai fini del computo del TFR in termini tassativi, e tra questi vi sia l'indennità o il servizio mensa o il ticket restaurant. In linea teorica, in
assenza di disposizioni del CCNL o in caso di loro carenza, una soluzione potrebbe essere la stipula di un contratto aziendale che regolamenti l'istituto secondo le disposizioni dell'art.6 d.l.
333/1992, soprattutto ove il CCNL consenta la stipula di accordi aziendali in materia. Sotto il profilo contributivo è esclusa dalla retribuzione imponibile la somministrazione diretta del vitto
(non attraverso un rimborso spese) con un servizio mensa gestito dal datore di lavoro o da terzi. Con riferimento ai ticket restaurant è prevista la esclusione dalla retribuzione imponibile fino
al valore di 5, 29 euro per ogni giornata di lavoro. Il ticket deve essere datato e sottoscritto, deve indicare il valore nominale e non deve essere cedibile, cumulabile, commerciabile o
convertibile in danaro. Più restrittiva è la normativa in materia riguardo alla indennità sostitutiva che è una monetizzazione del servizio.L'indennità sostitutiva di mensa, infatti, è esclusa
dalla retribuzione assoggettabile a contributi fino allo stesso importo previsto per il ticket restaurant soltanto se corrisposta agli addetti a cantieri edili, ad altra struttura lavorativa a
carattere temporaneo o a unità produttive ubicate in zone prive di servizi di ristorazione (per la prassi amministrativa vedi Circ. INPS n.84/2000).
torna su |