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ANDREA FUNARI
Presidente Giovani Imprenditori Unione Industriali Caserta - andrea.funari@tin.it
Presidente, secondo le recenti indagini macroeconomiche presentate in Confindustria il Pil italiano si è contratto nei primi mesi del 2003.
Quali, a suo avviso le cause e gli interventi necessari?
I dati statistici e macroeconomici risultati dalla ricerca di Confindustria sull'andamento dell'economia italiana, confermano che la congiuntura internazionale sta vivendo una fase di stallo. I
segnali di recessione affliggono non solo il Bel Paese, ma, il cuore dell'Europa. Le cause vanno ascritte ad una molteplicità di fattori, tra i quali spiccano l'enorme disagio causato ai
commerci internazionali dalle guerre degli ultimi anni, dall'episodio dell'11 settembre, il fallimento dei negoziati di Cancun e forse in questa stagione dell'intero Wto; ancora l'apprezzamento
dell'Euro che dal 2002 ad oggi si è rivalutato rispetto alla moneta americana fino a punte del 30%, con naturali riflessi negativi sull'export sia verso il Nord America sia su tutte le aree che
gravitano attorno al dollaro. Non va, infatti dimenticato che tra queste c'è la Cina che ha come ulteriore fattore competitivo un sensibile differenziale nel costo del lavoro.
Perché la locomotiva Italia riprenda a muoversi sono dunque necessari e urgenti interventi di natura strutturale e non estemporanei provvedimenti per fare cassa: 1. riprendere gli investimenti
in infrastrutture; 2. realizzare il federalismo inteso come decentramento decisionale sia al livello di spesa che normativo per determinate materie; 3. una riforma celere delle pensioni così
come avviata; 4. riformare la Pubblica Amministrazione che, nella sua mancanza d'efficienza ed efficacia, drena risorse più come ammortizzatore sociale che come servizio alla collettività.
La creazione dell'area di libero scambio euromediterranea quanto potrà giovare al nostro Paese?
Moltissimo. Ma ancora una volta occorrono investimenti in infrastrutture materiali ed immateriali. Nel nostro recente convegno biennale di Caserta - tra l'altro ripreso al nazionale di Santa
Margherita Ligure - abbiamo affrontato proprio questo tema di grande attualità, nella convinzione che l'Italia ed il Mezzogiorno in particolare possano e debbano giocarsi la partita da
protagonisti. Nel 2010, 25 paesi dell'Unione Europea e 10 Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente andranno a costituire un unico mercato fatto di circa 700 milioni di persone. Un'area
geo-politica e di commerci liberalizzati che sarà la più grande del mondo e s'intersecherà strettamente con la Lega Araba, con l'Unione Africana ed i paesi Sub-sahariani. Entro 10-15 anni il
Mediterraneo costituirà, quindi, un mercato di notevole importanza dal punto di vista politico ed economico. Per questa ragione nel corso del secondo programma MEDA (2000-2006), l'Unione Europea
ha incrementato lo stanziamento dei fondi, attualmente pari a 5,35 miliardi di euro. In questo scenario l'Italia si qualifica come uno dei principali partner commerciali del Mediterraneo anche
in considerazione della posizione "baricentrica" che sicuramente ci pone, almeno dal punto di vista geografico, in una condizione di potenziale vantaggio rispetto agli altri Paesi dell'UE.
Cosa pensa dell'attuale modello industriale italiano?
La forza della nostra economia si fonda essenzialmente sui distretti industriali che oltre ad eccellere per capacità di attrazione degli investimenti sono incubatori di realtà che hanno
raggiunto dimensioni globali. è tuttavia evidente che i segnali di difficoltà mostrati dalla congiuntura internazionale hanno esercitato notevoli pressioni sulle dinamiche interne agli stessi. I
fattori di successo sono cambiati: il motto "piccolo è bello" sta modificandosi in relazione al mutare dei mercati.
è oggi necessario favorire la crescita delle aziende mediante forme di interconnessione aziendale. La sfida si giocherà sempre più sulla base di economie di scala, risultato di grandi
investimenti in know-how tecnologico. La capacità delle aziende dovrà essere quella di adattare l'attuale modello a forme di competizione nuove; sarà necessario in particolare uno shift su
produzioni ad alta tecnologia e valore aggiunto.
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