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Le
crescenti spinte verso la globalizzazione e l'internazionalizzazione del
mercato hanno cambiato il sistema e la natura stessa anche delle piccole e
medie aziende. La prima, infatti, sta erodendo i confini nazionali,
eliminando le barriere per gli scambi transnazionali e aumentando la
competizione. Le molte aziende di ridotte dimensioni che vogliono crescere
e svilupparsi o, in certi casi, almeno sopravvivere, devono iniziare ad
"allargare" il pensiero. Si trovano, infatti, nella necessità di ridurre i
costi, di innovarsi adottando tecnologie più efficienti, di fondare
società, di creare franchising o joint venture, di trovare la propria
forza nei raggruppamenti con altre imprese. Se, da una parte, esistono
delle Pmi che già svolgono attività commerciali su scala internazionale e
altre che stanno cercando di aumentare i loro scambi oltre confine,
dall'altra ce n'é ancora una quantità notevole che non si rende conto
della necessità di internazionalizzazione. In questo scenario anche il
ruolo dello Stato deve subire dei cambiamenti. I Governi dell'Ocse stanno
cercando di affrontare i problemi della disoccupazione e
dell'emarginazione sociale incoraggiando la diffusione delle Pmi, che
rappresentano una fonte importante di creazione di nuovi posti di lavoro e
di crescita economica. La globalizzazione, nei paesi dell'Ocse, sta
facendo sì che i vantaggi relativi, prima determinati da capitale e
lavoro, dipendano ora dalla conoscenza. La capacità di cambiamento è uno
dei fattori più importanti per avere competitività anche nei settori
tradizionali. L'innovazione può presentarsi sotto forma di nuove
tecnologie impiegate, di inediti sistemi di organizzazione della società,
di gestione e formazione del personale, di servizio ai clienti, di
posizionamento sul mercato, etc. Dal momento che l'80% delle Pmi dei Paesi
dell'Ocse si limita a "seguire" gli sviluppi tecnologici piuttosto che
promuoverli, la possibilità di avere accesso alle informazioni diventa una
questione davvero della massima importanza. Sotto molti punti di vista le
aziende più piccole hanno delle buone basi per poter competere a livello
globale. L'allargamento dei confini, infatti, ha provocato il livellamento
dell'accesso alla conoscenza e alle tecnologie, grazie alle reti e ai
database elettronici. Ma le imprese che utilizzano questi strumenti devono
anche essere in grado di adattarvisi rapidamente. Almeno teoricamente, le
piccole aziende possono farlo più facilmente grazie alle loro ridotte
dimensioni e al fatto che non sono vincolate al retaggio delle vecchie
tecnologie e delle relazioni dei canali di vendita tradizionali entrando,
ad esempio, "in rete" per farsi spazio nel commercio elettronico del
business to business o del business to consumer. La liberalizzazione del
mercato, dunque, la maggiore disponibilità e mobilità dei capitali,
insieme alla convergenza delle tendenze dei clienti, alle tecnologie della
comunicazione, alle priorità delle politiche, alla ristrutturazione delle
società, alla pressione per l'abbassamento dei costi e per la difesa dei
margini di profitto, e, infine, ai meccanismi di collegamento più
economici, sono tutti fattori che contribuiscono allo sviluppo delle
associazioni fra piccole e medie industrie di differenti Paesi. torna su |