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La formulazione del giudizio d'idoneità alla mansione specifica rappresenta l'atto conclusivo di tutto il percorso di attività che il medico competente (MC) compie
in azienda e ne caratterizza inequivocabilmente le capacità e la professionalità. La "competenza" che il legislatore gli ha attribuito fin dal 1956 con il DPR 303 si estrinseca attraverso
l'analisi e lo sviluppo della relazione tra lo stato di salute del lavoratore e le richieste della mansione specifica che gli è stata assegnata. Tale inserimento deve consentire al lavoratore di
svolgere la sua attività proficuamente e senza danno prevedibile per la sua salute. Questo compito, già di per sé particolarmente delicato, assume aspetti di maggiore complessità nel momento in
cui il medico competente viene a trovarsi di fronte a situazioni "non ordinarie" quali la presenza nel lavoratore di uno stato di dipendenza da alcol o da sostanze stupefacenti e psicotrope.
S'intuisce che non sempre si possono individuare facilmente attività in cui il lavoratore con "handicap" possa essere occupato senza prevedibile danno per sé, per gli altri e per gli impianti e
che contemporaneamente risultino proficue per il datore di lavoro (DL). Del resto, il D.lgs. 626/94 all'art. 4, comma 5 lettera c), attribuisce al datore di lavoro un obbligo finora mai
considerato nella normativa italiana: «…egli, nell'attribuire i compiti ai lavoratori tiene conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza…».
Per ottemperare a tale obbligo risulta indispensabile il ricorso non solo al medico competente, ma anche al Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione (RSPP), al Rappresentante dei
Lavoratori per la Sicurezza (RLS), agli specialisti dei Servizi Territoriali per le tossicodipendenze (SERT) e, in caso di perdita dell'idoneità, all'Ufficio Provinciale per l'inserimento al
lavoro. La finalità della sorveglianza sanitaria effettuata dal MC sul lavoratore esposto "a rischio" consiste esclusivamente nella tutela della salute dello stesso; attraverso la sua attività
il MC deve verificare che non vi siano situazioni psico-fisiche che predispongano il soggetto ad ammalarsi a causa dell'attività lavorativa e che non vi siano danni alla salute correlabili al
lavoro svolto. Nella fattispecie il giudizio deve tenere conto anche della possibilità che il lavoratore possa compiere azioni od omissioni pericolose per sè e per gli altri presenti sul luogo
di lavoro. Verificati tutti questi aspetti il medico competente formula il giudizio d'idoneità psicofisica alla mansione specifica che può essere di:
- idoneità;
- idoneità con limitazioni o prescrizioni;
- non idoneità temporanea;
- non idoneità.
Si tratta di una situazione particolare: ordinariamente dire idoneo alla mansione significa che quella attività "non dovrebbe produrre" danni alla salute e non, come erroneamente si pensa, che
il lavoratore "sia anche capace" di svolgere i compiti previsti, ma nell'ottica della massima tutela della salute, diritto sancito dall'art. 32 della Costituzione, è doveroso andare oltre ed
accertarsi se lo stato psichico del soggetto alteri le condizioni di sicurezza delle lavorazioni. È di fondamentale importanza che il MC riesca a rapportarsi agli alcolisti ed ai
tossicodipendenti ed a comprendere il loro senso e la loro percezione dei pericoli correlati alle diverse attività lavorative che essi svolgono. Egli può e deve intervenire direttamente prima di
delegare l'Ente pubblico competente per il trattamento degli specifici casi. Sotto l'effetto dell'alcol o delle sostanze stupefacenti si ha una netta riduzione della percezione del pericolo in
ambito lavorativo, una complessiva diminuzione delle prestazioni a livello dell'attenzione, della memoria e della motricità. Da recenti statistiche risulta che un lavoratore alcolista o
tossicodipendente fa registrare un numero di assenze 4 volte superiore alla media, si ammala con una frequenza maggiore, cambia spesso lavoro ed è più spesso vittima di infortuni (> 30%). Per
quanto riguarda la dipendenza da alcol, la normativa di maggior riferimento è la Legge n°125 del 30 marzo 2001, "Legge quadro in materia di alcol e problemi alcolcorrelati"; tale legge prevede
il divieto di assunzione e somministrazione di bevande alcoliche nelle aziende in cui vengono svolte attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortunio sul lavoro ovvero per la
sicurezza o la salute di terzi, individuate con un non ancora emanato decreto del Ministero del Welfare di concerto con il Ministero della Salute. Per garantire la sicurezza il MC e i medici del
lavoro degli organi di vigilanza hanno la facoltà di eseguire controlli alcolimetrici sul luogo di lavoro anche se, in mancanza del decreto attuativo che avrebbe dovuto identificare le attività
lavorative che comportano un elevato rischio d'infortunio, non è possibile stabilire con certezza in quali aziende è possibile effettuare tali controlli. A tal proposito l'Associazione Nazionale
Medici del Lavoro pubblici e la Società di Alcologia hanno proposto un elenco, non esaustivo, di attività lavorative ad elevato rischio d'infortunio di cui si citano solo alcune: guida mezzi di
trasporto, lavori nell'edilizia, fonderie, lavorazione del legno, lavori in cave o miniere, lavori nei cementifici, mansioni pericolose per le quali è richiesto un certificato d'abilitazione. L'ISPESL
non condivide tale orientamento poiché è dell'avviso che l'intera problematica dovrà essere esaminata e valutata non in base ad una tabella ma nelle singole realtà produttive dalle varie figure
incaricate di gestire la sicurezza e la salute in azienda, in accordo con la valutazione dei rischi ex art.4 comma 2 del D.Lgs.626/94. Comunque il MC, nell'attesa del decreto attuativo, per quei
casi "palesi", deve utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione per programmare un'attività sanitaria che tenga conto anche delle problematiche derivanti dall'abuso di "sostanze"
muovendosi con estrema cautela nel seguente quadro legislativo, che pone non pochi limiti alla sua azione: C.P., art. 622 - violazione del segreto professionale; Legge 300/70, art. 5 - statuto
dei lavoratori; Legge 675/96 - privacy; D. Lgs. 626/94; DPR 309/90 - T.U. sostanze stupefacenti e psicotrope; Cod. deontologia medica 1998, art. 79.
La tossicodipendenza e l'alcolismo devono essere considerate vere e proprie malattie: laddove il lavoratore è soggetto a sorveglianza sanitaria obbligatoria, il MC è tenuto ad esprimere il
giudizio d'idoneità e, in caso di limitazioni e prescrizioni, il DL, dove ciò è possibile, identifica una mansione alternativa compatibile con lo stato di salute del soggetto. In caso di non
idoneità totale o se non vi sono mansioni adatte, l'unica alternativa al licenziamento è quella di indirizzare il lavoratore presso le strutture deputate alla cura e alla riabilitazione
attraverso l'intervento coordinato del MC, medico curante e lo specialista del SERT. I lavoratori di cui viene accertato lo stato di tossicodipendenza e che intendono accedere a programmi
terapeutici e di riabilitazione, solo se assunti a tempo indeterminato, hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro per il tempo corrispondente al trattamento riabilitativo e comunque
non superiore a tre anni. Salvo una più favorevole disciplina contrattuale, l'assenza di lungo periodo è considerata, ai fini normativi, economici e previdenziali, come l'aspettativa senza
assegni degli impiegati civili dello Stato e situazioni equiparate (art. 124, DPR 309/90). Prevedere in questa materia la possibilità di generare conflitti giuslavoristici tra le parti è fin
troppo facile per cui appare auspicabile il rispetto delle procedure previste.
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