|
Il
project financing pubblico, dopo iniziali speranze di potenziamento delle
occasioni di investimento, si è scontrato con le difficoltà delle
amministrazioni di gestire il nuovo strumento.
Molte opere non hanno potuto giovarsi del capitale privato per mancanza di
idonei strumenti di programmazione, e le stesse proposte presentate si
sono arenate spesso in procedure senza esito. I miglioramenti introdotti
al sistema in particolare dalla legge 166/2002 tendono a rilanciare il
meccanismo, e meritano di essere esaminate per le opportunità che aprono e
per i problemi di applicazione che comportano, nella consapevolezza che,
comunque, il project financing resta pur sempre il più interessante
strumento di realizzazione di opere pubbliche.
La prima questione sorge circa l'individuazione delle opere per le quali
si può presentare proposta. La precedente formulazione dell'art. 37 bis
della Merloni richiedeva che si trattasse di opere rientranti nei piani
triennali o in specifici strumenti di programmazione. Con qualche sforzo
interpretativo, in passato si è cercato di utilizzare in tal senso singoli
atti di previsione di opere, col risultato che è stato lasciato molto alla
disponibilità e all'interesse dell'amministrazione a recepire proposte su
queste basi.
Oggi l'art. 37 bis da una diversa impostazione: «I soggetti pubblici e
privati possono presentare alle amministrazioni aggiudicatrici,
nell'ambito della fase di programmazione di cui all'art. 14 della presente
legge, proposte di intervento relative alla realizzazione di opere
pubbliche o di pubblica utilità e studi di fattibilità. Tale presentazione
non determina, in capo alle amministrazioni, alcun obbligo di esame e
valutazione. Le amministrazioni possono adottare, nell'ambito dei propri
programmi, le proposte di intervento e gli studi ritenuti di pubblico
interesse; l'adozione non determina alcun diritto del proponente al
compenso per le prestazioni compiute o alla realizzazione degli interventi
proposti».
Il primo livello di lettura della nuova norma è quello della possibilità
di intervenire nella fase stessa della programmazione delle opere
pubbliche. Facoltà attribuita a soggetti anche non rientranti nella
categoria dei "promotori" veri e propri, soggetti dotati di precisi
requisiti disciplinati dalla legge.
Può però osservarsi che, benché sia chiaramente escluso un obbligo
dell'amministrazione di esaminare le proposte, ciò non significa che esse
debbano fare la fine dei messaggi in bottiglia. All'amministrazione la
legge attribuisce una facoltà e non un obbligo di esame; ma per quanto
ampia la relativa discrezionalità, il suo esercizio può ritenersi comunque
assoggettato ai doveri ed ai limiti generali gravanti sull'esercizio della
stessa da parte dell'amministrazione.
Si tratta pur sempre di proposte previste dalla legge, che si inseriscono
nel procedimento di formazione della programmazione pubblica, e quanto
meno costituiscono il proponente quale soggetto interessato al
procedimento, con le conseguenze in tema di diritto all'informazione e
alla partecipazione previste dalle norme generali.
Un secondo livello di lettura conduce a ritenere che si avrà una
restrizione dei margini interpretativi in ordine a quali siano le opere
assoggettabili alla proposta di affidamento.
Distinguendo due diversi tipi di proposta (di programmazione e di
affidamento) la norma dirotta inevitabilmente nella prima le proposte di
opere che non siano chiaramente comprese negli strumenti di programmazione
già esistenti. È innovata anche la tempistica: alle date fisse del 30
giugno, 31 ottobre e 31 dicembre di ciascun anno, gli artt. 37 bis, comma
2 ter, 37 ter e 37 quater sostituiscono, ora, termini decorrenti dalla
presentazione delle proposte (15 giorni per l'apertura del procedimento, 4
mesi per la valutazione della proposta, successivi 3 mesi per l'indizione
della gara).
Ciò rende più pratica la gestione delle procedure e più rilevante
l'iniziativa del proponente, ma lascia aperta la questione della
possibilità che un nuovo proponente intervenga in pendenza della
valutazione della precedente proposta, sia nell'ambito dei termini (non
perentori) di legge, sia nel caso che gli stessi siano stati superati
(problema che si pone, ad esempio, per grandi interventi, urbanistici,
nella nostra regione).
È più coerente col sistema ritenere che la nuova proposta debba essere
valutata (comparativamente con la precedente), perché altrimenti l'avvio
della procedura di valutazione della stessa finirebbe col "bloccare" senza
limiti la presentazione di altre. Nel project financing infatti è
qualificante l'impulso privato e il diritto di farsi avanti con proposte,
a differenza di quanto avviene nelle altre procedure concorsuali che
nascono dall'iniziativa dell'amministrazione, la cui eventuale lentezza
procedurale non può riguardare altri che i partecipanti alla gara. Gli
interessati hanno dunque margini per pretendere che vengano prese in
considerazione nuove proposte da parte loro.
Resta ancora poco definito il meccanismo di comparazione tra i vari
progetti. La norma si limita ad enunciare il principio della comparazione,
ed allo stato attuale le relative regole devono desumersi dai principi e
dalle norme generali del settore.
La riforma del rapporto tra proposte e programmazione va poi letta anche
alla luce della riforma dell'art. 14 della Merloni, il cui nuovo comma 3
semplifica la struttura del programma triennale delle opere, eliminando
l'originaria articolazione per categorie e interventi. Quanto ai settori
suscettibili di project financing, l'Autorità per la vigilanza sui lavori
pubblici, con determinazione (da condividersi) n. 4 del 06.03.02, aveva
già chiarito che l'istituto è utilizzabile anche per i cosiddetti "settori
esclusi" (acqua, energia, trasporti, telecomunicazioni) di cui al Decreto
Legislativo 158/95; e per il ciclo delle acque, in particolare, anche per
i suoi singoli segmenti.
Andrebbe aperta una discussione a latere sulla concreta possibilità di
utilizzare il project financing negli ambiti territoriali (la maggioranza)
nei quali non si siano ancora attivati i relativi Enti. Benché dispieghi i
suoi effetti nella fase finale della procedura, va però sin d'ora
menzionata, in quanto elemento di stimolo alla presentazione di proposte,
l'introduzione, negli ultimi due periodi dell'art. 37 ter del last call,
già in origine atteso dagli operatori economici, ossia della possibilità
per il promotore di far propria l'aggiudicazione adeguando «la propria
proposta a quella giudicata dall'amministrazione più conveniente».
È evidente la grande portata di questa innovazione che consente al
promotore di ipotecare seriamente l'aggiudicazione finale, ed accresce,
nell'ambito dell'istituto, l'importanza della prima fase, quella cioè
della valutazione delle opere per le quali si può presentare proposta, e
della formulazione e presentazione della stessa.
È altrettanto prevedibile un aumento della competitività nella fase di
scelta del promotore, e quindi una maggior frequenza di proponenti in
concorrenza, il che sottoporrà a tensione la poco strutturata normativa
che, come si è detto, regge la fase della comparazione tra le diverse
proposte, ed evidenzierà l'esigenza di più complete forme di pubblicità
relativamente a questa stessa fase.
Ma il project financing pubblico è una realtà che inevitabilmente
guadagnerà il suo spazio tra esigenza primaria di coinvolgimento
dell'iniziativa privata e adeguamento delle procedure dirigiste delle
amministrazioni.
torna su
|