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Nel 1995 la Commissione Europea ha chiuso un procedimento antidumping a carico dei televisori prodotti in Cina, Corea, Malesia, Thailandia, Singapore e Turchia, escludendo quest'ultima dalle sanzioni, ritenendone del tutto irrilevante il ruolo ed accettandone le assicurazioni. In quella occasione ha ritenuto corretta l'origine turca dei prodotti.
Da allora i produttori turchi sono passati da un volume di circa 1 milione di televisori a circa 10 milioni di unità. In tal modo hanno del tutto destabilizzato il comparto in Europa, con una politica di vendita talmente aggressiva da proporre il piccolo schermo a prezzi che in Europa non rappresentano nemmeno il costo dei materiali. Lo scenario della seconda metà degli anni novanta nel comparto dei televisori a colori è fatto principalmente da chiusura di fabbriche, fallimenti e trasferimenti delle attività produttive in paesi a più basso costo di manodopera. Per dare una dimensione al fenomeno, basti citare che il comparto in Italia è passato negli ultimi 30 anni da circa 18.000 addetti a 1.500, ovvero che la quota di mercato dei produttori europei nel 2000 si era ridotta al 29%.
Di fronte a questo stato di cose, nella più completa indifferenza delle Autorità preposte, nel corso del 2000 alcuni produttori europei si sono coalizzati in un consorzio (del quale fanno parte, tra gli altri, la Philips, la Grundig e la Formenti) ed hanno denunciato per dumping i produttori turchi (G. U. della Comunità Europea 2000/C/202/03).
Il procedimento è stato avviato sulla base delle seguenti premesse:
- i televisori a colori contengono spesso componenti e pezzi originari di paesi diversi da quello di fabbricazione, o di montaggio, del prodotto finito, con l'effetto che essi possono essere considerati originari di un territorio diverso da quello di fabbricazione o montaggio;
- l'allegato 11 al Codice Doganale prevede che un televisore sia originario di quel paese in cui sia stato aggiunto un valore pari al 45% del prezzo, ovvero, in mancanza, di quel luogo da cui provengono i materiali che rappresentano almeno il 35% del valore del prodotto;
- poiché nel televisore sono incorporati i tubi catodici che rappresentano più del 35% del valore del prodotto, l'origine dei televisori provenienti dalla Turchia va attribuita a quei paesi da cui provengono i tubi catodici.
La Commissione Europea, a conclusione del procedimento, pur avendo accertato l'esistenza del dumping (Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea 2001/L/272/37), ha così concluso: <<…in base alle summenzionate conclusioni sull'origine, il procedimento antidumping relativo alle importazioni di televisori a colori originari dalla Turchia deve essere chiuso senza l'istituzione di misure antidumping…>>.
Rappresentati i fatti in tal modo, tutto appare chiaro e pacifico: i televisori esportati dalla Turchia non sono turchi, ma europei se i cinescopi sono europei, cinesi se i cinescopi sono cinesi, malesi se i cinescopi sono malesi e così via.
È evidente, quindi, che:
- la Commissione Europea nel 1995, con sua Decisione del 20 marzo 1995 (Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea L. 073 del 01/04/1995), riconoscendo l'origine turca dei televisori, si sarà sbagliata (capita a tutti!);
- i produttori turchi che esportano i loro televisori in Europa dichiarandoli di origine turca evidentemente commettono un errore (tutti si possono sbagliare!);
- le Dogane europee che accettano la dichiarazione di origine turca dei televisori evidentemente, anche loro, commettono un errore!
Fatto sta che tra la Turchia e l'Europa vige un accordo di Unione Doganale, anch'esso perfezionato nel 1995 (Decisione 1/95 del Consiglio dell'Associazione EU/Turchia del 22 dicembre 1995), in base al quale i prodotti originari dell'uno o dell'altro territorio possono circolare liberamente, vale a dire senza oneri di dazio o equivalenti. I prodotti non originari, invece, per poter circolare liberamente devono prima assolvere i dazi o gli oneri equivalenti. Se, quindi, come sostiene la Commissione Europea, i televisori non sono di origine turca nasce la seguente questione: i televisori esportati dalla Turchia hanno assolto i dazi e gli oneri equivalenti?
L'inchiesta antidumping ha accertato che nessun televisore esportato dalla Turchia è di origine turca e che più del 50% degli apparecchi incorpora tubi catodici non europei. Perché allora vengono fatti circolare liberamente dalle Dogane europee come se fossero di origine turca?
Perché, dunque, viene applicato il principio della libera circolazione in ottemperanza alla Decisione del 1995?
Basti riflettere sul fatto che i televisori ed i tubi catodici provenienti da Cina, Corea, Malesia, Singapore e Thailandia sono assoggettati in Europa a dazi antidumping; oneri che i produttori turchi non devono assolvere fino a quando non esportano in Europa (è intuitivo che, in caso contrario, i produttori europei sarebbero danneggiati mentre la Turchia diventerebbe una porta franca per evadere le sanzioni imposte dall'Europa).
Il mancato pagamento dei dazi e degli oneri equivalenti, inoltre, potrebbe spiegare come sia possibile ai produttori turchi vendere i televisori a prezzi inferiori rispetto ai costi europei, costi che nella produzione europea non coprono neppure la sola componentistica.
Il cittadino produttore si sarebbe aspettato che una tale decisione della Commissione Europea fosse poi accompagnata da comportamenti coerenti e conseguenti quale, in principal modo, l'immediato accertamento, per il tramite delle Dogane, dell'avvenuto pagamento dei dazi e degli oneri equivalenti. Al contrario, per il momento, tutto continua come prima:
- i televisori esportati dalla Turchia continuano ad essere dichiarati di origine turca sul modello ATR;
- le Dogane continuano ad accettare la dichiarazione di origine turca, in contraddizione con le conclusioni della Commissione Europea;
- in Europa si continuano a perdere fabbriche e posti di lavoro.
Tutto questo è inaccettabile ed ha il sapore più di terzo mondo che di Europa. Spinge a sospettare che le motivazioni delle decisioni possano essere dettate più dalla politica che dalla logica e dalla Giustizia. Influisce il ruolo della Turchia in ambito NATO?
La nostra riflessione è che situazioni come quella descritta non aiutano la liberalizzazione dei mercati e contribuiscono ad alimentare il sospetto che la politica voglia essere "legibus soluta". Quali riflessioni corroborano un tale sospetto?
Tra il 1995 ed il 2001 non sono intervenute nuove normative che possano legittimare una diversa interpretazione in tema di origine dei televisori. Che cosa giustifica una diversa conclusione?
Le norme del Codice Doganale (allegato 11 compreso) regolano gli scambi con i paesi terzi. Il regime di Unione Doganale, che regola i rapporti tra l'Europa e la Turchia, supera le barriere doganali e conseguentemente anche il concetto di origine.
Lo sostengono le stesse pubblicazioni della Commissione Europea: <<Tutti i membri di un'unione doganale applicano una tariffa doganale e una politica commerciale comune nei confronti delle merci dei paesi terzi.
Non occorrono, quindi, regole volte a stabilire quali merci possono circolare liberamente all'interno della unione. Non sono necessarie norme in materia di origine delle merci>>.
(Politica doganale dell'U.E., pag.5, http://europa.eu.int/comm/dg10/publications/brochures/move/douane/customs/txt_it.html).
L'applicabilità del regolamento antidumping è richiamata dall'art. 46 della decisione 1/95 del Consiglio di Associazione CE-TURCHIA del 22 dicembre 1995, relativa all'attuazione della fase finale dell'Unione Doganale. Si tratta di un diritto speciale che supera le regole dell'origine previste nel più volte citato allegato 11 al Codice Doganale, finalizzate ai rapporti con i paesi terzi. Come dire che la lettura delle norme e la stessa logica avrebbero richiesto l'applicabilità delle sanzioni per dumping, quella stessa logica che porta a concludere che, se i televisori, come sostiene la Commissione Europea, non sono di origine turca (per cui non è applicabile il regolamento antidumping), per essere esportati in Europa devono assolvere il dazio e gli oneri equivalenti: Tertium non datur.
In definitiva:
- i televisori turchi vengono venduti in Europa in regime di concorrenza sleale;
- i produttori europei perdono quote di mercato ed i lavoratori perdono posti di lavoro;
- la Commissione Europea ha concluso che non sono applicabili sanzioni in quanto i televisori non sono turchi;
- le Dogane lasciano entrare i televisori come se fossero turchi senza accertare la possibile frode doganale (mancato pagamento dei dazi e degli oneri equivalenti).
Conclusioni: succedono in Europa, ma sono cose turche!
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