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Metti piede in Australia e avverti subito la gravità della crisi italiana e dell'Europa Occidentale nel suo insieme. Ti senti immediatamente
immerso in un mondo dinamico, in crescita, proiettato verso il futuro; senti, allora, ancor di più il peso della vecchia Europa, così statica e molto spesso tanto introversa da non percepire
fino in fondo il declino che la minaccia. In quanto rappresentanti del PST di Salerno e Aree Interne della Campania nell'ambito della delegazione dell'APSTI (Associazione dei Parchi Scientifici
e Tecnologici Italiani) siamo stati in Western Australia e in South Australia per uno scambio con l'analoga Associazione australiana, con la quale abbiamo sottoscritto un protocollo d'intesa. Il
confronto è stato promosso dall'addetto scientifico dell'Ambasciata d'Italia a Camberra, Nicola Sasanelli, con la collaborazione dei due consolati italiani di Perth e Adelaide, nonché di ARIA,
l'Associazione della Ricerca Scientifica Italo-Australiana. Qualche dato di scenario: l'Australia è grande, grosso modo, quanto tutta l'Europa. In questo territorio vivono meno di venti milioni
di australiani, la metà dei soli italiani in Europa. Il Western Australia ha una superficie di 2.5 milioni di kmq, l'Italia di 331.000. Vi vivono in tutto 1.900.000 abitanti, meno che nella sola
città di Roma. Il continente è ricco di ogni sorta di materie prime: oro, petrolio, uranio, legno, metalli e pietre preziose, ma poverissimo di acqua. Una maggiore consistenza demografica
sarebbe difficilmente sostenibile: la popolazione rischierebbe la sete. Alle sue porte l'Asia con i suoi incredibili dati demografici e con le sue povertà. Così l'Australia, sotto l'ombrello
protettivo del Commonwealth, ha vissuto per circa due secoli in un esasperato isolamento difendendosi dalla pressione demografica del Sudest asiatico. Con scarse disponibilità di manodopera e un
mercato obiettivamente modesto, ha continuato a vendere materie prime, importando lavorati industriali che hanno consentito il benessere occidentale. Senza ulteriori particolari pretese. Negli
ultimi decenni la svolta. Dai primi anni '90 la Federazione australiana ha cominciato a guardare con sempre maggiore interesse al sud est asiatico come ad una opportunità, piuttosto che ad una
minaccia. Ha pertanto con convinzione sostenuto nell'ambito dell'ASEAN Regional Forum la costituzione dell'APEC (Asia-Pacific Economic Cooperation), di cui ha assunto la leadership e che oggi si
configura come una nuova realtà geoeconomica, l'Australasia, nel suo insieme una potenza in piena espansione. In breve: le materie prime di cui sono ricche entrambe le aree geografiche, la
grande disponibilità di manodopera a basso costo del sud est asiatico, il know how e le tecnologie all'avanguardia dell'Australia, messi insieme costituiscono un potenziale competitivo da
preoccupare finanche gli Stati Uniti d'America. Figuriamoci la nostra vecchia Europa, che ancora in buona parte si culla sull'illusione della scarsa competitività dei prodotti asiatici, sì di
basso costo, ma anche di scarsa qualità e debole tecnologia. Tutt'altro: in questo mercato comune australasiano si stanno sviluppando a costi contenuti produzioni hi-tech altamente competitive.
L'esito di questo processo è racchiuso in poche cifre: mentre noi da oltre un quadriennio annaspiamo, sospirando per una crescita di poco superiore all'1% (quando c'è stata), nello stesso
periodo i tassi di crescita del Western Australia sono stati di circa il 7% annuo. Nell'ultimo anno hanno rallentato: si sono dovuti accontentare del 5,6%! La crescita è caratterizzata anche da
un forte spirito imprenditoriale, con la nascita di numerose giovani imprese di successo, spesso spin off accademici che fanno i primi passi proprio negli spazi degli stupendi campus
universitari locali. Più in generale abbiamo toccato con mano una realtà giovane, in cui l'età media dei quadri dirigenti dell'impresa, della pubblica amministrazione e della ricerca è
decisamente inferiore alla nostra. Si annuncia una competizione molto difficile per l'Europa; rischiamo di regredire man mano ad una grande area storico-archeologica a consumo turistico,
inaridita dal punto di vista industriale. Ciò, per ora, vale in particolare per quanto riguarda i prodotti di largo consumo, perché viceversa manteniamo ancora una forte competitività nelle
produzioni di macchinari per l'industria, che anzi possono trovare occasioni di slancio proprio nell'area australiasiatica in piena espansione. Avamposto dell'APEC è il Western Australia. Il suo
legame con il vicino mondo asiatico è strettissimo: già oggi la metà degli studenti universitari di Perth (circa 25.000 su 50.000) è composta di ragazzi asiatici. Vanno nelle sue università, si
formano e tornano nei loro paesi dove si inseriscono rapidamente nel tessuto produttivo, forti di una preparazione che non ha nulla da invidiare a quella delle università statunitensi. Perth è
un po' come la retrovia tecnologica dell'intera area australasiana. Sul terreno della ricerca scientifica il Western Australia è particolarmente avanti nelle tecnologie di controllo satellitare,
specie finalizzate al controllo dei sistemi idrici, nelle biotecnologie alimentari, nell'ingegneria genetica e nella biomedicina (per le quali si avvale di una legislazione senz'altro più
permissiva di quelle europee e statunitense), nell'ITC, nelle ricerche energetiche e ambientali. Analoga la situazione del South Australia, anche se lì la proiezione verso l'Asia è meno
evidente.
Grosso modo i dati geografici e demografici sono quelli del confinante Western Australia (superficie di circa un milione di kmq per 1.600.000 abitanti circa), con pari disponibilità di risorse.
Elementi specifici della ricerca sudaustraliana rispetto allo Stato occidentale ci sono parsi senz'altro quella nel comparto militare, navale in specie, e sui sistemi di potabilizzazione
dell'acqua. In questo Stato abbiamo avvertito una più rilevante presenza della comunità italiana nel tessuto sociale del paese, con alcune significative presenze anche nella compagine
governativa. La nostra comunità sta svolgendo un ruolo crescente, sia sul versante imprenditoriale che in quello della ricerca. È in questo contesto che si è inserita la missione della
delegazione dell'APSTI, di cui hanno fatto parte Eugenio Corti, Presidente APSTI, Francesco Beccari (PST Centuria), Paola Buzzoni (Tecnoparco Lago Maggiore), Alessandro Scacchieri (Tecnorete
Piemonte), Tiberio Graziani (Sitech, Parco dell'Umbria), Pier Paolo Veroni (Tecninnova di Parma, Università di Parma ed Associazione Industriali di Parma), e il sottoscritto. I Parchi, ciascuno
dei quali è rete di aggregazione di soggetti a vario titolo coinvolti nei processi di trasferimento tecnologico, possono a loro volta mettere in rete - ci si perdoni il gioco di parole - le
rispettive competenze al fine di favorire un dialogo tra le nostre università e imprese con questa nuova realtà geoeconomica.
E il ponte più efficace potrebbe essere costituito proprio dal network dei parchi australiani. Così a Perth Eugenio Corti, Presidente dell'APSTI, e Ms. Sue Bell, presidentessa dell'Associazione
dei Parchi e degli Incubatori Australiani, hanno sottoscritto un "Memorandum of Understanding", che permetterà di condividere nella maniera più efficace il mercato della domanda e dell'offerta
di innovazione tecnologica delle due aree.
Per eventuali contatti si consiglia il sito dell'Ufficio scientifico
della nostra Ambasciata a Camberra,
referente ingegner Nicola Sasanelli: www.scientific.ambitalia.org.au.
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